Vi ho mai detto della mia passione per i conigli in campo ludico e narrativo? Ecco perchè vi linko -anche se per ora si vede poco o niente, qualche artwork interessante e poc’altro- il nuovo sito web per il gioco del team Wolfire games, che trasforma il suo Lugaru 2 in Overgrowth e assicura che i 5 membri del team sono ora al lavoro a tempo pieno su questo action-adventure con protagonista proprio un coniglio guerriero.
Ne seguirei lo sviluppo perchè potrebbe essere interessante, e il suo predecessore (orrendamente invecchiato) era stato molto apprezzato dalla scena. E poi mi manca Usagi Yojimbo.
Cosa ti aspetti quando un gioco viene rimandato per dieci anni? O bene bene o male male -anche se di solito dice merda, nintendo, e pochi altri, permettendo. Se il prodotto in questione è pure sviluppato dagli altalenanti Silicon Knights (cacciati a pedate da nintendo nell’era post-cubica), la situazione non puo che sfociare in un “nulla di fatto”. Prevedibile, direte voi, e sì, lo è, ma questo progetto, in origine destinato al Game Cube, parte da un interessante insieme di ottime idee: a partire dal plot narrativo di matrice nordica mista ad elementi fantascentifici-neogotici, per giungere, almeno nelle promesse pre-release, ad un rivoluzionario combat system antismanettamenti “schiaccia tasti”, tattico quindi, e ricco di elementi stile RPG. A questo aggiungete la possibilità del co-op online per due giocatori. C’è tutto vero? No, secco. Avete fatto i conti senza l’oste.
AVVERTENZA: News dal tasso di gameplay clamorosamente basso.
Vabbé, ok, a molti non fregherà niente. Altri ne approfitteranno per una console war becera e posticcia che non ci interessa. Qualcuno si lamenterà persino sull’Agorà per news come questa. Ma non importa nulla, qua si sta Ai Margini e i margini vanno esplorati, approfonditi, divulgati. E cosa c’è più ai margini di Folding@Home?
E la notizia esce dalla semiufficialità… Capcom, mostrando la prima carrellata d’immagini a Famitsu, conferma il multiplayer per quattro giocatori via Nintendo WIFI. I quattro partiranno da un’immensa città lobby, peraltro visitabile unicamente in modalità multiplayer. Attorno si aprirà una sconfinata isola completamente esplorabile, fin nelle profondità marine (confermata la possibilità di poter raggiungere i fondali grazie a particolari armature) fra foreste, villaggi, e tanto di dungeon nei quali addentrarsi torcia alla mano (è una feature, non un modo di dire). E non svegliateci. Per favore no.
Mi son preso un po’ di tempo per parlare di Infinite Undiscovery, per capire dove andasse a parare, perché si tratta di un titolo decisamente atipico, particolare, a maggior ragione se si pensa alla sua provenienza. A differenza dalla classica produzione Square Enix, la la trama non ha un’incidenza preponderante all’ interno di quella che è l’esperienza di gioco, le caratterizzazioni sono marginali, fugaci allorché si guarda alla forma, menscevica invece è la sostanza, dove le prime cose che emergono con prepotenza sono la libertà d’esplorazione all’interno di aree abnormi (senza una mappa preventivamente consultabile) ed i combattimenti completamente in real time che lo avvicinanto più ad un Dynasty Warriors che non ad un RPG jappolo.
Nei videogiochi, come in molte altre forme di intrattenimento ed espressione, ciò che più influenza il giudizio è il punto di vista. Sembra una banalità (e forse lo è davvero), ma il pubblico dei giochini non l’ha ancora capito, e fa di tutto per riuscire a giungere a una sorta di “valutazione universale”, con siti quali gamerankings, recensioni sempre più uniformate ad uno standard consolidato e una generale “opinione comune” che, a distanza di qualche mese, riesce a etichettare ogni prodotto dandogli un peso unanimamente condiviso. Almeno in parte, questo non è valso per Assassin’s Creed. Ancora oggi nei forum potete trovare i fan incalliti che lo difendono a oltranza e chi, senza la minima incertezza, lo bolla come spazzatura.
Ma che cos’è, quindi, Assassin’s Creed?
E lo sforzo profuso da Lucas, assieme a Pixelux e NaturalMotion, è veramente perentorio e meritorio viste le tecnologie utilizzate per dar vita a questo nuovo paragrafo dell’infinita epopea di Guerre Stellari. L’Euphoria, già apprezzato in GTA IV, si andrà ad assommare all’Havok nel tentativo di gestire una fisicità ed un interazione mai viste prima, con una gestione dei rapporti causa/effetto da far impallidire Kant (senti perfino la diversa pesantezza dei vari oggetti che vai a sollevare) ed un realismo supremo per quanto riguarda la gestione di porzioni di background e modelli, che NaturalMotion dota di espressioni facciali assolutamente naturali e realistiche dopo lunghe sessioni di capture su attori reali.
Domenica 14 settembre, sono seduto alla scrivania davanti al monitor, la mia posizione segue coscientemente quella della sedia girevole, la sedia girevole è di tessuto rosso consumato ai margini più esterni dall’usura e dalle unghie dei miei tre gatti, che amano usarla come grattatoio, le mie braccia sono appoggiate ai braccioli in plastica nera e riesco quasi a percepire la sgradevole rugosità del materiale di scarsa qualità. La sedia è l’unico oggetto rosso della stanza che posso vedere da questa posizione, se escludiamo la punta rossa del pennarellone da bambini Giotto che vedo sporgere parzialmente dal portapenne in tela bianca di mia figlia. Sono seduto alla scrivania e la mia posizione è perfettamente ortogonale al monitor, farebbe la felicità del mio osteopata, come fa quella della mia spina dorsale, sento la leggera patina di sudore che separa la plastica del mouse dal palmo della mia mano, e con una frazione di coscienza registro per l’ennesima volta il fastidio che mi genera usare un mouse blu e grigio della logitech sul mio iMac bianco e alluminio, e contemporaneamente registro anche la meschinità del pensare qualcosa del genere proprio in questo momento.
Finalmente ci siamo, è tornata la dimensione coloratissima delle Piñate, un mondo tenero che prende vita nella profondità di un grande gioco. L’ultima volta in cui ho passeggiato nel mio orto, alla fine della prima avventura di Viva Piñata, un elefante rosa sfoderava il suo fascino spargendo gas verde fra leoni, orsi, uccellini di vario tipo, un unicorno con i colori della pace faceva il pieno di gemme preziose, le aquile volavano libere e tra i tanti, un essere che ho amato follemente – la galagoogoo – aveva convinto tutti di esistere davvero, spingendoci a cercarla in ogni negozio di animali della città.
Si lo so, madre di dio se lo so. Conosco quelle facce. Solite accuse di melodrammaticità cacchia e fiacca, quando è un discorso a ritroso, una cosa che inizi a leggere e pare bruttarella, tediosa, quando a un tratto arriva lo sparo - pam! - e con lui l’illuminazione, tutto questo per dirvi…Per dirci… Per dirvi cosa? Per dirvi di pensare a lei, non la vostra lei, ma una lei qualsiasi. Senza di lei, la vita sa di fumo e di malinconia, o forse sarebbe il caso di scrivere Lei. O A Lei. Proprio Lei, direbbe Fudo. E allora parliamo di Lei, partendo da lì, senza darle una faccia, andando a ritroso, che forse oggi v’insegno qualcosa…
Finalmente, a distanza di anni, entro anch’io nella nextgen. Un passo sofferto, pianificato a lungo, anche poco sentito, ma inevitabile. L’ho presa molto alla larga: son partito dal mobiletto Ikea, ho proseguito con TV HDReady e con la sistemazione di tutte le console, giochi e riviste, in quella che è diventata una camera modesta ma dignitosa, e che prima invece era un merdaio con pile di fogli per terra e giochini sparsi in ogni dove. Ho navigato per mesi nel limbo del gameplay, fra i pixelloni di Virtual On e un Megadrive collegato al Philips col cavo antenna, e ora questa botta di modernità l’ho accusata.
Dovete sapere che la parte toscana della redazione di AM (composta da S.Anto, LPf, il sottoscritto e Omega Kid) ha un appuntamento fisso, settimanale: il venerdì della cena del gameplay. A casa LPf, praticamente un bunker antiatomico, prende vita questo summit del gameplay, folle e spensierato, fra un sacco di rutti e molte pete. Uno di questi sciagurati venerdì, complice una bottiglia e mezzo di vino a testa, un avvinazzato LPf mette in pista uno dei suoi teatrini boxari: ingiurie nei confronti della concorrenza, risate sarcastiche, pete, la gag della corsetta stridula con le chiappe di fuori, pete (a girare dei presenti), e via, e via… ma soprattutto, tante, variegate, variopinte, multicolori, ronny di ogni sorta.