Nei videogiochi, come in molte altre forme di intrattenimento ed espressione, ciò che più influenza il giudizio è il punto di vista. Sembra una banalità (e forse lo è davvero), ma il pubblico dei giochini non l’ha ancora capito, e fa di tutto per riuscire a giungere a una sorta di “valutazione universale”, con siti quali gamerankings, recensioni sempre più uniformate ad uno standard consolidato e una generale “opinione comune” che, a distanza di qualche mese, riesce a etichettare ogni prodotto dandogli un peso unanimamente condiviso. Almeno in parte, questo non è valso per Assassin’s Creed. Ancora oggi nei forum potete trovare i fan incalliti che lo difendono a oltranza e chi, senza la minima incertezza, lo bolla come spazzatura.
Ma che cos’è, quindi, Assassin’s Creed?
Prima dell’uscita, in realtà, non si era mai capito più di tanto. Gli screenshot affascinavano, l’idea di impersonare un assassino pure, ma tutto sommato il 90% delle attenzioni dei giocatori era rivolto alla producer del gioco (onesta figliuola) e nessuno era riuscito a comprendere ciò che il gioco in realtà volesse offrire. E probabilmente Ubisoft non ha neanche tentato di spiegarlo, tenendo persino nascosto l’incipit della trama, elemento invece fondamentale nel concept del gioco.
Bene, ve lo dico io: Assassin’s Creed è Spiderman 2 in Terra Santa. Il titolo Treyarch dev’essere piaciuto molto in quel di Montreal, perché la struttura è stata ricalcata davvero fedelmente: c’è la città, c’è il protagonista che ci può sguazzare liberamente, ci sono una serie di missioni di una manciata di tipologie da svolgere nell’ordine che più ci aggrada, ci sono i “boss”, un’avventura principale sacrificabilissima e delle sidequest per maniaci del collezionismo sfrenato. Altair, il nostro alter ego, può esplorare liberamente la mappa di gioco e le tre città disponibili, perlustrandone ogni anfratto, ogni vicolo, memorizzandone la topografia dai campanili delle chiese o dalle torri di guardia, imparando le vie più veloci per scappare e nascondersi. Damasco, Acri e Gerusalemme, ognuna contraddistinta da una dominante cromatica e da un’architettura ben distinta, non sono altro che tre enormi sandbox con formine, paletta e secchiello, dei parchi giochi in cui vagare e perdersi, senza nemmeno pensare troppo alla meta.
Certo, è un approccio che richiede un certo sforzo, soprattutto interpretativo: il tutto è infatti sorretto da una trama da film di serie B ben oltre il ridicolo, che mischia in un unico calderone religione, corporazioni, misteri, morale, crociate e macchinari futuristici, creando un cocktail degno del miglior Giacobbo da seconda serata. Si ispira ai telefilm di ultima generazione (alla Heroes, per intenderci) e come questi ultimi la modernità del linguaggio non riesce a scacciare l’odore di pataccata adolescenziale, la trama è telefonatissima e di fatto la commistione antico/tecnologico non riesce mai a convincere e fa storcere il naso dal primo all’ultimo minuto di gioco.
Ma, come si diceva poche righe più su, l’avventura principale è del tutto sacrificabile, e Assassin’s Creed non va approcciato come un Metroid o uno Zelda, affrontando in sequenza un obiettivo dopo l’altro, ma piuttosto a piccole dosi, senza una rigida tabella di marcia scandita da uccisioni e borseggi.
Malgrado i buoni propositi, però, il gioco mostra il fianco quando, all’atto pratico, c’è da presentare del vero e robusto gameplay, come succede con tutti i free roaming odierni. Gli sviluppatori hanno creato un micromondo regolato da alcune leggi necessarie per evitare di rendere impossibile il compito del giocatore, ma che minano pesantemente sia la credibilità e l’immedesimazione, sia la solidità e la varietà delle meccaniche di gioco. Ecco quindi che vicino ai luoghi inaccessibili c’è sempre un gruppetto di quattro monaci pronti ad accogliervi e scortarvi, che ai piedi di ogni punto di osservazione trova posto un carretto col fieno per atterrare senza uccidersi, che le guardie attaccano sempre una per volta, che nessuno si stupisce se dopo un assassinio un tizio armato fino ai denti sbuca fuori da un gabbiotto (struttura particolarmente frequente sui tetti delle città mediorientali). A questi compromessi, tutto sommato comprensibili, se ne aggiungono però altri meno facili da perdonare, frutto di eccessiva leggerezza in fase di design, come l’inspiegabile gestione dell’acqua (se finisci in mare muori all’istante, guardacaso esattamente come in Spiderman 2…) o i criteri quantomeno discutibili con cui le guardie si accorgono di voi (se ci camminate davanti nessun problema, ma se un pazzo vi colpisce scagliandovi contro di loro capiscono al volo che siete un assassino).
Tecnicamente, il titolo Ubisoft può dire la sua a testa alta. La grafica, pur con numerose approssimazioni nel dettaglio (texture slavate, ombre seghettate, scalette, approccio talvolta bethesdiano), raggiunge il suo scopo principale, ovvero quello di colpire il giocatore nella visione di insieme delle città: le scalate alla cattedrale di Acri o ai minareti di Damasco regalano panorami davvero degni della definizione “next-gen”. Anche il sistema di controllo è morbido e convincente, così come la gestione delle sporgenze e dei rilievi necessari per le scalate. Più debole invece il comparto sonoro, con musiche praticamente invisibili e un doppiaggio dignitoso ma che stanca all’ennesimo “ma che fa quello?”.
Insomma, con Assassin’s Creed viene offerta una sabbionaia discretamente curata, di dimensioni generose, e tutti gli strumenti necessari per giocarci e divertircisi, sta poi alla volontà del giocatore trovare lo spirito giusto per godersela. Alcune pecche sono tuttavia oggettive e minano il giudizio di quello che rimane, però, uno dei migliori free roaming disponibili.