C’è una casa fatta di case, e ogni casa è un dedalo di situazioni che si susseguono nei corridoi, nelle stanze, sulle rampe di scale: puzzle, rebus, scherzi e giochi di specchi, assieme a situazioni puramente arcade con trial, statistiche e medagliette. C’è un protagonista che è la fusione tra l’ispettore Clouseau e Charlot, che usa un aspirapolvere per acchiappare i fantasmi, guidato da uno scienziato squinternato uscito direttamente da un film di Mel Brooks. E poi c’è un direttore geniale, che controlla dall’alto ogni dettaglio sulla scena rendendolo perfetto, dal bilanciamento del gameplay ai tempi comici di ogni gag. Continua »
Le pubblicano col ritmo di un capitolo all’anno - forse anche di più, se consideriamo gli spin-off. Eppure, le avventure del professor Layton si confermano ogni volta come giochi di ottimo livello. Sono puzzle-game, con trame avvincenti e uno stile grafico che fa l’occhiolino ad Hergé. Certo, mai belli quanto il primo episodio “Il professor Layton e il paese dei misteri”, anche per i ben noti limiti della riscrittura - su tutti la prevedibilità. Questo perché il plot segue più o meno lo stesso schema in tutti gli episodi: una lettera informa Layton di un mistero; cominciate le indagini, il caso si complica; Layton e il suo assistente Luke indagano, interrogano i sospetti, raccolgono indizi; la vicenda raggiunge il suo climax al momento del confronto finale, al quale segue la risoluzione del caso. Un giallo deduttivo nella forma più classica, che già di suo è una sfida razionale allo spettatore/giocatore. Continua »
Il punto più alto toccato da una consolina che non sembra voler o poter fissare un apice assoluto in questo suo continuo, sorprendente crescendo…
Posto – come sempre - che niente sarà più come il MegaDrive, il portatilino maledetto ti ha riacceso proprio quel tipo di fiamma che credevi spenta per sempre, ma non è tutto oro quel che luccica…
Molti ne parlano con toni entusiastici, altri ne criticano un’eccessiva brevità: aggiungiamo sproposito allo sproposito con una doppia recensione ai margini, e quindi definitiva, del gioco dell’anno (poiché unico).
Le storie parallele della rivalsa di un pessimo autista di pulmini ai comandi del veicolo più complesso dell’intero gioco, e dell’agguato più improbabile mai tentato su Lingor Island.
Capitolo Ottavo
Ovvero come non essere sicuri di niente: né degli esplosivi, né degli hacker, né della stabilità dell’interfaccia di gioco, né dei giocatori che ti approcciano in elicottero.
Capitolo Settimo
Si aggiunge un nuovo elemento alla compagnia, la cui presenza non mette minimamente freno al declino inarrestabile della dignità e della credibilità dell’intero team.
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Prima della storia scritta, il sapere era custodito dalle gilde. Sotto le montagne, i Forgiatori plasmavano meraviglie incorruttibili. Nei boschi, i Pastori guidavano invisibili i loro greggi. I Vetrai creavano meraviglie di cristallo nella città trasparente. I Tessitori - i più austeri - conservavano e tramandavano l’arte più alta e pericolosa. La natura si mostrava loro come la trama di un tessuto. Nel Telaio, vite ed eventi si intrecciavano come fili. Per questo motivo vivevano in esilio su un’isola a largo nell’oceano, temuti dal mondo. Continua »
Se ne stanno leggendo di ogni: riviste storiche che gli danno il top score, acquirenti incazzati per i DLC al giorno di lancio, fan storici ancora più incazzati per il finale, 10 di media per la critica e 4 per gli utenti… ma quindi, in modo schietto, com’è questo Mass Effect 3? Chiaramente un parere lucido sulla saga galattica non può che arrivare dai margini della galassia.
Once upon a time…
Annus mirabilis del twist e dell’assenza assoluta di lucidità. Iniziato da pavel, col pad appeso al chiodo del Pozzanghera e nella ridicola difesa di un mondo di giochini Apple-style a cui non credo, di cui chiedo venia non senza spasmi di vergogna, soprattutto per chi nel foro si è dovuto sorbire i miei appannati vaneggiamenti. Nessuna scusa: ho passato un brutto periodo pure io. Insomma si diceva, iniziato mestamente da pavel e finito in gloria – da seccapavelle –, araba fenice risorta dalle ceneri dell’anti-gameplay frustrato, versione 2.0 un po’ remake e un po’ reboot. Limited, lite e slim insieme: restyle gimmicko indispensabile in vista della ormai prossima New Generation Console.
Così Nintendo se ne esce col Sapientino; Microsoft, a quanto pare già stanca di quella miniera di gameplay sopraffino di nome Kinect, sembra voler seguire la stessa strada, in un impeto di dignità aziendale; Sony non s’è capito nemmeno se ci sarà, se deciderà di dar seguito al successone del Move, ma intanto butta fuori l’ennesimo inutile portatile decidendo che senza una linea guida precisa avrebbe seguito ogni linea guida possibile, mettendo ogni tipo di controllo a disposizione degli sviluppatori, un Eldorado di nuove occasioni e di avventure.
Lasciatemi dire una cosa però, e sarò brevissimo: potete usare qualsiasi periferica, e introdurre qualsiasi novità tecnologica: è tutta fuffa, e almeno qui lo si sa.
?2011, l’anno della totale, completa, assoluta maturazione, l’anno della maturità contemplativa e spirituale con qualche nota vagamente mistica. Io non racconto più i videogiochi, io non parlo più di videogiochi, io sono i videogiochi e parlo di me.
Il mio percorso intellettivo, che significa tanto raziocinativo e cerebrale quanto emotivo e spirituale, è giunto al suo sviluppo definitivo, al suo completamento ultimo, non c’è un oltre, non c’è un passo successivo, e le riprove sono marcatamente empiriche. Non ci sono infantilismi o bizze, né contrasti o rivalse, non c’è un perimetro e non ci sono ostacoli, solo profondissima quiete e rinnovato amore, un perpetuo e imperturbabile sentore di affetto, simpatia e adesione intensa nei confronti del mondo e della storia del videogioco giocato. C’è consapevolezza, tanta, coscienza e conoscenza.