Pone seram, cohibe, sed quis custodiet Snyder?
Sì può vincere una partita persa? Per quanto riguarda Zack Snyder, la risposta è sì. Watchmen sul grande schermo è una partita che non si può nemmeno sognare di vincere. In partenza. Moore ti odierà nel momento in cui accetti l’incarico. Uno stuolo di fanboy brancolanti come zombie (ops, ho toccato un altro tasto dolente?!) non aspetta altro che vedere il film, per poter dire quanto sia sbagliato. In partenza, anche questa volta. Perché l’assoluta fedeltà richiesta prima della visione può diventare ugualmente la critica più affilata alla fine dei titoli di coda. Snyder ha perso, perché ha osato mettere mano dove la mano non andava messa. Un film di Watchmen è impossibile. Da 408 pagine di graphic novel d’annata trasudano una miriade di contenuti, di situazioni di piani di lettura e di riferimenti che a fatica riescono a stare tra le pagine: in effetti, paiono nascondersi e rivelarsi con parsimonia di lettura in lettura. Proprio qui risiede la sconfitta in cui si imbarca Snyder: Watchmen funziona -con la precisione meccanica di un orologio realizzato con amore dall’artigiano- solo nel suo medium.