Quando le donne andavano in guerra - { Curia, Delibere }
Peppebar, Sabato 13 Giugno 2009 @ 14:49

Questa è una storia di proiettili e granate, di bunker sporchi e umidi, di una lingua ruvida e spigolosa. “Alè”, penserete, “un altro gioco sulla 2a guerra mondiale. Yawn”.
E’ vero, nella nostra carriera di videogiocatori abbiamo ucciso talmente tanti soldati tedeschi che cominciano addirittura a starci un pò simpatici, facendoci talvolta dimenticare il ruolo di spietati carnefici che la storia ci ha insegnato hanno rivestito. Ma trattenete per un attimo gli sbadigli, in quanto Velvet Assassin possiede nella sua faretra un paio di frecce che potrebbero destare il vostro interesse.

Innanzitutto è uno stealth game, con tutto ciò che di buono e di cattivo implica l’appartenenza a questo genere. Poi, ci permette di vestire i panni di un’avvenente spia inglese, con la telecamera costantemente puntata sulla sua parte migliore.
Il gioco dei Replay Studios infatti ci narra le gesta (ovviamente romanzate) di Violette Szabo, agente segreto al servizio di sua Maestà realmente esistita ed alla quale la televisione inglese ha dedicato perfino un film.
Nel gioco Louise (il nome in codice della nostra eroina nella realtà) giace in un letto di ospedale, immobile ma con la mente fissa sulle avventure passate dietro le linee nemiche, ed è qui che entriamo in gioco noi. Potremo interagire con i suoi ricordi, che di fatto rappresentano le varie missioni che costituiscono il gioco vero e proprio. Quest’ultimo, dicevamo, è uno stealth, quindi saremo da soli contro decine di soldati tedeschi e gli unici alleati che avremo saranno l’oscurità e l’indicatore della stessa, che ci farà capire quando saremo completamente al buio - e quindi invisibili - e quando invece saremo esposti alla vista dei soldati. In un gioco che fonda tutto il suo gameplay sullo spostarsi fra le ombre ci si aspetterebbe un’ottima  gestione delle fonti di luce, e infatti è così: il sistema di illuminazione è straordinario, una delle cose indubbiamente meglio riuscite del gioco. Che siano fievoli coni di luce emessi da lampade poggiate sulle casse o minacciose ombre prodotte dai soldati che eseguono la loro ronda, il sistema di illuminazione svolge sempre egregiamente il proprio lavoro contribuendo ad immedesimarci nei panni di Violette e facendoci quasi trattenere il respiro aspettando che l’ombra di quella guardia si allontani.

Da buon agente segreto il nostro arsenale sarà composto dall’immancabile pugnale per uccisioni alle spalle, da una Luger silenziata e, quando disponibile, da un fucile a pompa che ci permetterà di fare pulizia velocemente, anche se richiamerà per ovvi motivi l’attenzione di tutti i presenti, più una pistola lanciarazzi con la quale potremo trasformare le guardie in roghi ardenti. L’ambiente che ci circonda potrà darci una mano, fornendoci occasionalmente dei bidoni di carburante con i quali far esplodere i nemici oppure delle pozze alle quali sparare per incendiarle. Da segnalare anche la possibilità, piuttosto rara purtroppo, di innescare le granate che le guardie portano alla cintura, trasformandole così in bombe umane.
Proseguendo nella storia abbiamo l’occasione di raccogliere alcuni oggetti più o meno nascosti nello scenario, che ci daranno dei punti esperienza. Con i punti ottenuti è possibile migliorare alcune caratteristiche della nostra spia, anche se delle tre possibilità offerteci l’unica degna di nota è quella di aumentare le dosi di morfina che si possono trasportare. Le altre due non sono veramente indispensabili; possiamo decidere di aumentare la velocità di spostamento da accovacciati, ma anche al massimo livello non saremo mai in grado di tenere il passo di una guardia per prenderla alle spalle mentre cammina, oppure potremmo aumentare la nostra resistenza ai colpi nemici, cosa abbastanza inutile in quanto le guardie più avanti nel gioco avranno armi più potenti e saremo sempre deboli come gattini nei loro confronti. Scordatevi in ogni caso di poter ingaggiare un combattimento corpo a corpo una volta scoperti, le guardie vi tritureranno sempre con facilità a meno di non colpirle subito alla testa con la Luger, cosa resa abbastanza difficile data la poca reattività dello stick deputato alla mira.
Parlavamo di morfina. Nel gioco questo potente analgesico è la chiave per Violette di interagire con i suoi sogni, entrando fisicamente negli stessi dal suo letto di ospedale. Assumendo una dose di morfina ella potrà godere di un piccolo periodo di invulnerabilità, durante il quale smetterà la sua divisa da spia per entrare nel sogno con la sua camicia da notte. Potremo muoverci più velocemente ed assestare colpi letali alle guardie senza essere visti da nessuno, neanche da quelli vicini, ovviamente per una durata di pochi secondi segnalati da una barra rossa decrescente alla base dello schermo. Passato questo periodo tutto tornerà normale e dovremo pagare le conseguenze del nostro gesto. In via generale è una trovata abbastanza simpatica che ci permetterà di cavarcela in situazioni apparentemente senza uscita, anche se il gioco stesso non ci permette di abusarne per evitare di facilitarci troppo il compito. Completa il quadro la possibilità di indossare una divisa tedesca, quando possibile, che ci permetterà di camuffarci agli occhi delle guardie, a patto di tenerci ad una certa distanza.

Velvet Assassin purtroppo non è un gioco molto divertente. Tolto lo stupendo sistema di illuminazione e la possibilità, sempre gratificante, di aspettare il momento buono per accoltellare una guardia alle spalle, resta poco o nulla. Tutto si risolve in uno sbaglia e riprova fin quando non si riesce a scovare l’attimo giusto per agire, rendendo l’esperienza di gioco noiosa e frustrante. Queste sono magagne che contraddistinguono il genere stealth da sempre, ma che Velvet Assassin appesantisce rendendo il nostro alter ego debole,  indifeso e sopratutto assolutamente incapace di scappare da uno scontro a fuoco, a meno di non trovare una porta ed uscire dalla locazione. Le guardie sembrano essere tutti cecchini e ci colpiranno con precisione da qualsiasi punto sparino, perfino con una mitragliatrice. Il tutto è reso ancora più grave dal fatto che all’inizio di ogni missione avremo con noi solo il nostro fido pugnale e perderemo tutte le armi conquistate, anche l’umile pistola silenziata.

Ricaricare l’ennesimo punto di salvataggio ed aspettare che termini l’ennesimo dialogo fra le guardie in attesa di poterci muovere, siparietti che perdono la loro simpatia quando ci si assiste per tante, troppe volte, farebbe innervosire anche il giocatore più paziente. L’esperienza di gioco ne risente ed infatti spesso si è tentati di mandare tutto al diavolo, magari perchè si è messa la punta di un piede alla luce è si è venuti falciati senza pietà dal fuoco delle guardie.
Nonostante questi difetti il gioco potrebbe dimostrarsi godibile per chi adora gli stealth e le ambientazioni della seconda guerra mondiale, grazie all’ottima atmosfera e al sempreverde fascino delle uccisioni silenziose.

Peppebar


1 commento a “Quando le donne andavano in guerra”

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