I predatori dell’occasione perduta. - { Curia, Riesami }
mauz, Martedì 28 Aprile 2009 @ 00:55

Uno dice Naughty Dog e già partiamo male. Tornano subito alla mente la piattezza mortale di Jak & Dexter (il primo, non sono andato oltre), la faccia di culo da toporagno cocainomane di Crash (sì lo so che era un Bandicoot, ma l’avete mai visto il bandicoot vero?), ai più vecchietti verrà pure in mente Way of the warrior.
Insomma partiamo male, appunto, ma questo Uncharted - Drake’s Fortune, dalla prima volta che lo presentarono -ovviamente in forma di target render- aveva un qualcosa che mi ha attirato. Forse il protagonista così chiaramente anonimo da risultare simpatico, spiccando addirittura per originalità in un contesto di mascotte kawaii e archetipi machisti (inoltre è il clone di Mike Delfino, un valore aggiunto per un casalinguista), o forse il fatto che di avventurone di questo genere (punto su cui torno fra poco, e che -in effetti- sarà il centro di questo breve riesame) ormai se ne vedono poche, escludendo la popputissima Lara, che sta vivendo -pare- una seconda giovinezza, ma ha anche abbondantemente rotto il cazzo.

A questo punto è doveroso fare un inciso: sono dell’idea -e cerco, nel mio piccolo, di essere coerente in questo- che il giudizio su un gioco (o su qualsiasi altro prodotto/opera) debba essere nel merito. Ovvero, devo valutare quello che il prodotto/opera propone e fa, e non quello che io mi aspetto che faccia.
Ecco, tutto questo con Uncharted mi viene molto difficile, parzialmente per colpa mia, ma anche per colpa sua.

Cerco di spiegarmi meglio.
Io sarei anche ben disposto a valutare Uncharted come lo shooter che -di fatto- è, il problema è che il gioco Naughty Dog sembra fare di tutto per presentarsi in altra veste, ovvero come l’avventurone che io mi sarei aspettato che fosse. E lo fa a partire dal tipo di iconografia e clichè che va a citare: l’ambientazione, la caratterizzazione e il simpatico cazzarismo dei personaggi, basati sugli stessi archetipi incontrati in -appunto- avventuroni come All’inseguimento della pietra verde e il successivo il gioiello del Nilo, oltre che in mille altri, ovviamente. Quindi abbiamo delle simpatiche canaglie e il love affair battibeccato (ma non troppo), mappe misteriose, gli immancabili nazisti, antenati celebri, paesaggi esotici e templi misteriosi. Tutto farebbe pensare di trovarsi di fronte al vero erede di Tomb Raider, finalmente l’avventura next-gen!

Come aggravante, il gioco inizia (dopo una brevissima fase che anticipa lo shooteraggio a venire) con una lunga e gradevole sezione esplorativo/platform/avventurosa, durante la quale l’uso delle armi da fuoco è relegato a compiti assolutamente secondari, cosa che, assieme alla già citata atipicità dei personaggi (almeno in un videogioco), e alla buona qualità dell’impianto tecnico (perdonabile un po’ di tearing) mi aveva assolutamente ben disposto.
Purtroppo Uncharted finisce per annacquare la stessa esplorazione e sensazione di avventura in mezzo a improbabili (ho sbloccato almeno quattro o cinque obiettivi diversi del tipo uccidi 50 nemici con l’arma X: quanta cazzo di gente c’era su quest’isola?) e interminabili fasi shooter, a volte ben riuscite, altre tremendamente noiose, siccome si risolvono soprattutto in un ricordati dove spuntano i nemici e vai a piazzarti di conseguenza.

E a poco è servita -per quanto mi riguarda- la discreta varietà (pur non particolarmente originale) di situazioni in cui si viene catapultati durante lo svolgersi della vicenda (immancabile l’inseguimento con la Jeep nella foresta, a prospettiva ribaltata), e sono giunto a fine gioco sparando sempre più disperatamente, in perenne attesa di quello che per me (come già detto, a causa di tutto l’impianto iconografico circostante) doveva essere il punto centrale del gioco: l’esplorazione/avventura/ricerca, che invece mi è stata servita con il contagocce (non valgono, per carità, i 60 tesori nascosti), in brevissime fasi che -nonostante tutto- restano le migliori del gioco: ben realizzate, dinamiche, impegnative il giusto, oltre ad essere quelle che offrono gli scorci migliori.
Tralascerei anche l’enigmistica proposta, capisco che sia un classico del genere (quale poi? abbiamo già visto che Uncharted è uno shooter mal mascherato), ma che venga fornita direttamente la soluzione mi sembra troppo, e risolvere i pochi enigmi regala la stessa soddisfazione di ricopiare le parole crociate dalla soluzione sul numero successivo della Settimana Enigmistica.

E poi, insomma, mi ha lasciato anche un po’ così la virata finale della trama (non che, come già detto più volte, le trame nei videogiochi mi interessino particolarmente, specialmente quando si tratta di giochi d’azione, ma questa ha anche ripercussioni sul giocato), che sì, in qualche modo rientra anch’essa nei clichè di genere, ma sembra più che altro una scusa per dare un’iniezione di varietà alle sezioni di sparaggio-selvaggio.

La cosa che mi resta stupefacente è come, nonostante tutto quanto detto sopra sembri una stroncatura, il gioco mi sia andato via liscio e -soprattutto- volentieri.
Cosa che se da un lato mi fa spezzare una lancia a favore della bontà dell’impianto messo in piedi da Naughty Dog, dall’altra mi fa -a maggior ragione- pensare che Uncharted abbia perso una grande occasione  di andare a (ri)occupare una nicchia di mercato, nicchia che che pare quasi completamente dimenticata in questa generazione.
E le prime informazioni/immagini/filmati che stanno trapelando -proprio in questi giorni- riguardo l’immancabile seguito, sembrano indicare che la strada intrapresa con il primo non verrà cambiata, al massimo consolidata.

Probabilmente il marketing e le vendite daranno ragione a Naughty Dog, però che peccato.

In realtà, il voto potrebbe essere anche di un punto più alto, come detto Uncharted è un buon gioco, se valutato per quello che fa, il problema è che non è stato abbastanza chiaro nel dirmi che l’avrebbe fatto.


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