Tiriamo le somme, mettiamoli sulla bilancia: basta che non mi fai fare yoga. - { Il mondo da un oblò, La Tana del Topo }
mauz, Martedì 30 Dicembre 2008 @ 18:51

Anno strano questo 2008, ancora più che nei precedenti -magari in odore di quella crisi generalizzata che per ora pare non avere colpito il mercato videoludico- si è accavallata nel periodo pre-natalizio una gran quantità di titoli, con delle release list quasi schizofreniche come per -vedi inciso precedente- spolpare quel che resta dei portafogli di noi poveri fessi prima che si svuotino del tutto.
In ogni caso, strano o no, banale o no, tocca pure tirare un bilancio di un’annata (e di una generazione) che ha visto un innalzamento della qualità media del software (ma forse meno picchi d’eccellenza), e il consolidamento della tendenza degli ultimi anni: rassegnamoci, lo sviluppatore indipendente andrà a sparire, sempre più inglobato in poche realtà che fanno da asso pigliatutto. Che sia Sony, EA, Microsoft, Ubisoft o -marginalmente- Nintendo, così è, che ci paia oppure no.

Ed ecco quindi che -immancabilmente- ci si vede costretti ad usare il detestabile metodo dell’elenco per andare a giudicare quello che abbiamo fatto girare nei nostri lettori durante l’anno, anche se spero -in questa sede- di riuscire ad esporlo in maniera più discorsiva, detestando io l’asettico listone: per quello ci sono i mille -più o meno ragionevolmente- autorevoli siti che hanno già stilato le loro -più o meno mazzettate- classificazze.
Ma andiamo ad iniziare.

Gioco dell’anno
Il mio personale gioco dell’anno sarebbe più corretto chiamarlo gioco dell’ultimo mese, ed è paradossalmente (o forse no) un titolo a cui non mi sono assolutamente interessato fino alla sua uscita -nonostante sia prodotto da una delle mie software house feticcio- fondamentalmente perché a me gli zombie mi sono sempre stati un po’ sul cazzo.

Left 4 Dead merita il premio a mani basse: per la riscrittura del survival horror, finalmente vera questione di sopravvivenza, anche se meno horror di quanto sarebbe stato lecito attendersi. Per l’eccezionalità della modalità multiplayer cooperativa, dai ritmi forsennati ed ansiogeni, che richiede affiatamento, conoscenza dei livelli ma anche capacità di adattamento e di improvvisazione, abnegazione e -ad esperto- vero e proprio sudore di fronte per sopravvivere. Per l’intuizione dell’AI director, che si occupa di rendere l’andamento del livello ogni volta bastardamente diverso dalla precedente. Per il coraggioso multiplayer competitivo, che abbandona la comoda strada del deathmatch per andare a creare una modalità in cui ci si alterna nel ruolo di cacciatore e preda, costretti a giocare e a pensare in modo diametralmente opposto. Per la cura maniacale del particolare, come da tradizione Valve. E anche per il bel faccino dall’occhio un po’ pesante di Sonja Kinski, che presta le sue fattezze a Zoey.

Left 4 Dead brucia sul filo di lana il podio a Fable 2, gioco difficile da inquadrare, il cui più grosso difetto è quello di essere un seguito ben riuscito di un gioco che ha deluso molte aspettative. Meglio ancora: il difetto è di essere quello che avrebbe voluto essere il gioco precedente. Fable 2 meriterebbe più spazio di quanto mi riservo di dedicargli in questa sede, ed è un gioco più complesso e profondo di quanto sembri, vista l’apparente leggerezza della narrazione. Anche a fronte di alcuni innegabili difetti, si merita una virtuale seconda posizione per alcune geniali intuizioni, a livello (meta)narrativo e di interfaccia utente. Peccato solo per i tempi di caricamento e qualche bug di troppo. Peter Molyneux gira attorno al capolavoro dai tempi di Populous, andandoci più o meno vicino, unendo grandi idee a inaspettate ingenuità, ma stavolta manca il bersaglio davvero di poco.

Eccellenza estetica
Un premio che non si sa mai bene come definire, senza rischiare di impelagarsi in interminabili discussioni su tecnica/estetica, fumo e arrosto. In ogni caso, la prima posizione la merita senza grossi dubbi Little Big Planet, titolo che -finalmente- applica qualcosa delle teorie di product design anche al videogioco. Curatissimo fino all’eccesso, delizioso a vedersi e a sentirsi non so se e quanto stia riscuotendo il successo che merita, dato che non mi cago mai i dati di vendita, ma se c’è un motivo per possedere la cassa nera di Sony è lui. E non solo per l’estetica. Complimenti a Media Molecule, e anche a Sony per averci creduto così tanto.
Runner up, anche se in tutt’altro ambito è il Gears of War 2 di Epic, perchè per quanto esageratamente tamarro, sporco, compulsivamente barocco, fracassone ed incoerente come neanche i peggiori jRpg, vuole mettere in scena l’action colossal all’americana e ci riesce perfettamente, nel bene e nel male.

Sopresa dell’anno
Un altro premio a Gears of Wars 2: sorpresa per l’ottimo, vario ed incalzante single player dopo la (personale, per carità) brutta esperienza con il primo episodio, di una piattezza abominevole. Questa volta le peripezie di Marcus e soci centrano perfettamente il bersaglio, grazie a una grande varietà di ambientazioni, e all’abilità scenografica del team Epic, che riesce a farci sentire in mezzo alla guerra, pur facendoci sempre giocare delle schermaglie con  relativamente poche unità. Peccato solo per il tentato approfondimento di alcuni personaggi secondari (Dom su tutti), con degli sviluppi delle sottotrame inutili e a volte patetici. Non si capisce se ci sono o se ci fanno, ma passiamoci sopra. Sopresa anche per i pochissimi passi avanti fatti nel netcode e i grossi passi indietro fatti per quanto riguarda il -pessimo- matchmaking e la gestione delle partite private.
A seguire, ma ex-aequo, Fallout3, l’abnorme RPG di Bethesda. Sorpresa personalissima: da amante della saga di Fallout mi aspettavo un porcatone, e invece mi sono trovato di fronte ad un degno erede dei due storici titoli Interplay/Black Isle. Ogni tanto si sente la mancanza di Avellone, va bene, ma grasso che cola in ogni caso. Bravi Bethesda, ancora uno sforzo per quanto riguarda il character design ed una limatina a certe ingenuità nello sviluppo delle quest ed entrerete di diritto nell’elenco delle grandi. Merita fare notare che se avessi organizzato la lista per genere, Fallout3 meriterebbe a pieno diritto il premio come miglior gioco di ruolo.

Premio speciale minchia che roba peccato che il gioco sia una merda
Senza dubbio assegnato a Far Cry 2, che butta in scena un’africa a cui mancano solo gli odori, ma il cui deserto ludico fa da tristo contraltare alla splendida savana. E ulteriore dimostrazione che la ricerca esasperata del realismo finisce per relegare nell’anonimato totale anche un motore dalle potenzialità impressionanti. Peccato, ma anche no.
Runner up d’eccellenza e sulla fiducia per Prince of Persia, sempre da Ubisoft, software house ormai matura dal punto di vista tecnico, senza dubbio, ma incapace di compiere il salto di qualità che i suoi motori meriterebbero. Ottimo cel shading, scenografie imponenti, ma nulla cosmico negli altri comparti. Peccato, ma anche no. Di nuovo.

Nomination speciale per il coraggio
A Mirror’s Edge, per aver voluto tentare una nuova immersività per la prima persona, nonostante sapessero benissimo che il loro titolo sarebbe stato valutato dalla fottuta stampa specializzata con i parametri degli fps, e per essere rusciti a dimostrare che non è necessario copiare anche il look dei titoli Epic solo perché si usa il loro motore. Peccato per le cut scene e qualche difetto marginale, altrimenti avrebbe potuto giocarsela per il podio dell’eccellenza estetica.

Premio fiuto per gli affari
A Rockstar North, per essersi fatti pagare metà Gran Theft Auto 4 da Microsoft. Scherzi a parte, una nomination per GTA 4 ci vuole, non fosse altro per la più credibile messa in scena di una New York digitale che si sia mai vista.

E questo è quanto, buon anno a tutti, e staccate la spina, almeno per un giorno.


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