Curiosa la sorte di Little Big Planet. Il progetto indie ignorato da Microsoft che diventa portabandiera del nuovo gaming sonaro. Possibile? In questi anni tutti i sonari - e non solo - se ne sono innamorati, Sony stessa lo ha usato per la più accattivante comunicazione di dati di vendita mai vista nell’industry, e i vari hands on e filmati sono stati uno dei punti chiave di ogni fiera videoludica. Ora il gioco, dopo vicissitudini coraniche di cui tutti siete a conoscenza, è finalmente uscito. Ed è fantastico.
Come già anticipato nell’hands on della beta, LBP è un platform a metà strada fra il Do It Yourself! del punk anni ‘70, la “filosofia” del web 2.0 e il Mucciaccia della colla vinilica. E il piccolo grande pianeta del titolo non è altro che il mondo formato dai sogni e dalla fantasia degli esseri umani, come illustrato in maniera efficace dall’ispirato filmato introduttivo. E’ un pianeta di cartone, spugna, legno, scotch, un pianeta colorato a matite e pennarelli, ricoperto di sticker e azionato da elastici, un pianeta homemade molto vicino alle suggestioni dell’”Arte del Sogno” di Gondry, dallo spirito innocente e scanzonato, dove la creazione, la personalizzazione e la condivisione sono i valori fondanti dell’esperienza.
Fin dai titoli di testa viene affidato al giocatore il controllo di un omino di pezza, il sackboy. Raggiungendo il proprio “pod”, una specie di camera di cartone con funzione di lobby, vengono presentati i 3 mondi di gioco: Info Luna, con il proprio profilo e gli amici, Little Big Planet, il mondo di gioco composto dalla storia e dai “livelli fantastici”, e infine La Mia Luna, il satellite che racchiude i livelli creati tramite l’editor.
Quest’ultimo è il vero motore del gioco ed è realizzato con un’intuitiva interfaccia che lo rende omogeneo alla parte “giocata” del titolo: scegliendo i materiali e le forme e assemblando bulloni, pulsanti, fili, bombe e ogni altra diavoleria che viene di volta in volta sbloccata è possibile creare dalle più semplici delle forme al più complesso dei livelli. Tutti i materiali sono soggetti alle leggi della fisica, per cui sul vetro si scivola e il cartone può essere trascinato, e possono essere resi pericolosi facendoli diventare ardenti, velenosi o, perché no, donandogli due gambe, qualche spuntone, un occhio e un cervello.
La modalità storia, composta da livelli creati tramite l’editor, è discretamente lunga e impegnativa, nonché graziata da un level design di ottima qualità. Lo scopo di ogni stage è, come nella migliore delle tradizioni platform, arrivare alla fine del livello, possibilmente accumulando il maggior numero di sfere-punteggio, trovando gli item nascosti ed evitando di distruggere il proprio sackboy. E proprio la raccolta di oggetti, adesivi e decorazioni è ciò che maggiormente spinge a rigiocare gli schemi, alla ricerca della prestazione perfetta e degli sticker da applicare per vincere i premi in palio. Alcuni di questi, inoltre, vengono elargiti soltanto alla risoluzione di puzzle o sezioni di gioco che richiedono la cooperazione di 2 o 4 giocatori (rigorosamente in comunicazione con un’ottimo sistema di chat vocale) per essere portati a termine, creando un meccanismo “ad incastro” per cui per raggiungere il 100% in uno stage bisogna prima completarne altri, magari assieme a qualche amico.
Ma l’orizzonte di LBP è ben più vasto, e la maggior parte della creatività condensata in questo titolo la si può trovare nei livelli fantastici, ovvero in tutti gli schemi creati dagli altri giocatori tramite l’editor. La versatilità e la varietà degli strumenti a disposizione dei creativi trovano riscontro nelle miriadi di spunti di gameplay deliranti che è possibile scovare online: dal livello sottomarino simulato con jetpack e nebbia azzurrina alle riproduzioni “cute” di altri giochi famosi, dallo sparatutto a scorrimento orizzontale alle sinfonie composte con gli oggetti sonori che, attivati, riproducono una nota, il Little Big Planet è un immenso laboratorio del divertimento, scatenato, sperimentale, ironico e immaginifico.
Certo, non tutto è limato a dovere come vorrebbe il nintendaro, e non tutti i livelli sono curati allo stesso modo, ma gli spunti sono talmente tanti e diversificati che vale assolutamente la pena di perdersi in mezzo a questo mare di idee. Ogni livello può essere taggato con alcune parole chiave che possono aiutare gli altri utenti a capirne il contenuto (”piattaformoso”, “musicale”, “macchinari”), può essere valutato con delle stelline, inserito fra i “preferiti” ed essere commentato, magari per suggerire qualche modifica al creatore.
Visivamente è, facciamola semplice, uno splendore. I sackboy sono teneri e le loro movenze strappano più di una risata, il design grafico è caldo e moderno, gli scenari ricchi di particolari, continuamente in movimento, con effetti fluidi e un sapiente uso del depth of field. Il gioco è totalmente doppiato (per quello che c’è da doppiare, bene) in italiano, le musiche si alternano fra strumentali d’atmosfera (western, giapponese, un motivetto da film trash di Bollywood per lo stage indiano) e brani indie/pop, su cui forse si sarebbe potuto osare di più (io c’avrei visto bene gli Architecture in Helsinki). Per quanto riguarda le meccaniche di gioco, invece, si è molto parlato a proposito della difficoltà di capire in quale dei tre piani di profondità si trova o atterrerà il proprio sackboy. E’ vero, succede, ma c’è da dire che, a parte qualche raro momento di incertezza dove è necessario fermarsi e spostarsi manualmente, non influisce granché nell’economia di gioco. Qualche morte in più la causano imperfezioni nelle collisioni o nella fisica (tipico il sackboy incastrato e stirato fra due oggetti), l’inerzia nel movimento e nel salto a cui bisogna abituarsi nelle prime ore di gioco o, nel caso delle partite in multigiocatore, la camera che talvolta si mette a seguire chi è rimasto indietro facendo schiattare i primi del gruppo, ma a parte l’immediato fastidio non si può dire che il gioco ne sia realmente rovinato o che l’esperienza ne risulti compromessa. Danno invece più fastidio i continui problemi dei server, costantemente in manutenzione nei primi giorni e ancora afflitti da problemi di rete, lag e crash vari. Chiariamoci: si può giocare, e si può giocare anche bene, ma non è raro incappare in qualche errore o in qualche schema con lag eccessiva, specie se si gioca in 4.
Little Big Planet è insieme innovativo e conservatore, basato su una idea forte e ben sviluppata, è bellissimo da vedere e da giocare, sia in singolo che in multigiocatore, è potenzialmente infinito e non ha concorrenti. Pur essendo il miglior platform dell’attuale generazione assieme a Mario Galaxy, è meno nintendaro di quanto si potrebbe pensare. Sparando così in alto è difficile limare le meccaniche quanto la Nintendo delle sue migliori produzioni, ma il titolo Media Molecule osa tanto e merita di entrare nella collezione di ogni amante dei giochi di piattaforme. Volendo essere obiettivi il voto dovrebbe essere 9, ma Ai Margini non si bada tanto all’obiettività (il 10 a Fable 2 sta lì a dimostrarlo) e preferisco premiare il coraggio e la genuina bellezza di un titolo che, nonostante l’enorme ed “involontario” hype di cui è stato oggetto, è riuscito a dimostrarsi all’altezza delle aspettative. Nella speranza che, dopo la prima settimana di lavori in corso, Sony riesca a stabilizzare la situazione dei server.
Fatevi un favore, giocatelo.
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