Blue Dragon - { Ai Margini presenta, Riesami }
Esulo, Mercoledì 1 Ottobre 2008 @ 12:45

“Un classico e’ un libro che prima ancora di essere finito ti dice quello che deve dire”
Italo Calvino.

Nel 1987, la Squaresoft è sulla via del fallimento quando Hironobu Sakaguchi decide di creare il suo primo Rpg e probabilmente l’ultimo ad essere pubblicato dalla software house giapponese, Final Fantasy. Il seguito lo conoscono tutti: il titolo fu un successo inaspettato di pubblico e critica e fece da trampolino di lancio alla società che, fino ai giorni nostri, ha tratto enorme giovamento dalla serie, con più di 50 milioni di copie vendute nel mondo.


Nel 2006 , quasi 20 anni dopo, esce il primo titolo Mistwalker, software house fondata dallo stesso Saka poco dopo la rottura con Square Enix, ovvero Blue Dragon che, come curioso scherzo del destino, si mette a carico di una notevole  responsabilità nei confronti di Microsoft Xbox360, di un’impresa titanica (per molti pura utopia), ovvero catturare le attenzioni dei videogiocatori del Paese del sol levante nei confronti di una piattaforma che, nella passata generazione, ha praticamente fatto di tutto per essere vista male, sia dagli hardcore gamer che dal pubblico di gusto comune… una sciagura di vendite che Microsoft non e’ riuscita tutt’ora a risollevare, sebbene la situazione sia migliorata decisamente rispetto al recente passato.

Alla base di Blue Dragon e Lost Odyssey , il successivo gioco pubblicato da Sakaguchi, c’è un particolare modo di sviluppare, una filosofia retrò, classica e nostalgica, che fatico ad attribuire con decisione a Microsoft (che ha chiesto due giochi classici e senza pretese particolari per non correre rischi in Giappone) oppure alla stessa Mistwalker (che, non possedendo risorse esorbitanti, ha sfruttato la tecnologia disponibile senza strafare e cavalcando l’onda del classicismo).
Non è semplice parlare di Blue Dragon senza correre il rischio di prendere posizioni prevenute, “super partes” è un temine difficile da attribuire quando si ha di fronte un gioco che, senza mezzi termini, possiede un sistema di gioco tranquillamente rapportabile a un titolo di 10 anni fa e, allo stesso tempo, copre un vuoto notevole nella produzione ruolistica nextgen attuale, avara di titoli e spesso caratterizzata da inutili tentativi di innovazione e fluidificazione dei meccanismi ludici.
Se a questo si aggiunge il character design di Akira Toriyama la soggettività aumenta ulteriormente, visto che, se c’è un disegnatore che respinge la sperimentazione e l’evoluzione stilistica, questo è proprio l’autore di Dragon Ball. Personalmente sono più contrario che favorevole, ma non posso negare un lecito “de gustibus”.

Trama classica , sistema di combattimento classico, design classico , sistema di sviluppo classico, personaggi classici (fin troppo, a parte forse il simpatico Marumaro), colonna sonora ad opera di uno dei migliori compositori esistenti nel settore, ovvero Nobuo Uematsu: tutti elementi che mettono il giocatore al sicuro, sotto la coperta, al calduccio… senza il timore di brusche correnti d’aria fredda. A qualcuno sembrerà  di stare su un letto di chiodi , ma questa è un’altra storia.
Le meccaniche di gioco seguono l’ordine canonico sequenza filmata - esplorazione del villaggio - dungeon – Boss battle – sequenza filmata in cg in maniera didascalica per tre quarti dell’avventura , e proprio quando si inizia a sbadigliare  viene finalmente data la possibilita’ di gironzolare per l’esteso mondo di gioco con l’aereonave come in un Final Fantasy qualunque dell’era Psx.
La mappa di gioco saprà soddisfare tutti i giocatori di Jrpg che ne lamentano la rimozione da parecchi esponenti del genere grazie all’ottima rappresentazione visiva, forse la migliore mai vista in un Jrpg dal punto di vista scenografico.
C’è da sottolineare (e da lodare) la presenza in quantità davvero mastodontica di scrigni e oggetti, in particolare questi ultimi possono essere trovati dietro ogni piccolo angolo, ogni pietra, tavolo, quadro, letto, vaso, cespuglio, cartello… si possono passare ore a setacciare gli interni delle citta’ trovando una miriade di cose, per i feticisti del collezionismo una vera chicca.

In un prodotto ultraclassico del genere una buona notizia è rappresentata dall’assenza di incontri casuali. I Nemici sono visualizzabili e possono essere presi  alle spalle di soppiatto, possono rincorrerci, ignorarci o attaccarci all’improvviso, anche a gruppi, mentre al giocatore viene data la possibilità, tramite la pressione del tasto LT, di visualizzare l’area ravvicinata, selezionare piu’ di un nemico e attaccare consecutivamente il gruppo di avversari.
Gli scontri seguono il classico sistema a turni, con la solita interfaccia Hp/Mp , Attacco, Oggetti , Magie, ecc. Da questo punto di vista va segnalato l’ordine della turnazione indicato nella parte alta della schermata, e la possibilità di alcuni personaggi di caricare una barra di potenza che permette di incrementare la forza dei colpi fisici o magici a discapito del tempo necessario ad eseguirla nel turno (se, ad esempio, si decide di lanciare Acqua su tutti, il proprio turno puo’ scalare di due o tre posizioni, che saranno occupate dagli attacchi nemici o dagli alleati). Tale barra va caricata tramite una sorta di minigame che varia a seconda del tipo di azione.
Quest’ultimo sistema di priorità rappresenta il principale elemento strategico del combat system, ma il livello di difficolta’ del gioco, orientato verso il basso nel tentativo di rendere il tutto fluido e scorrevole, non incentiva alcun tipo di strategia, salvo rare eccezioni nelle fasi finali e  nelle battaglie extra presenti nelle locazioni segrete della mappa.
La patch che aggiunge un ulteriore livello di difficoltà risolve solo in parte il problema, tramutando Blue Dragon in gioco hardcore, termine che però decisamente non gli si addice, con il risultato di un livello di sfida eccessivamente alto e frustrante.
Il sistema di sviluppo si basa sugli accessori, ovvero collane, bracciali e anelli che incrementano i punti di stato, mentre i dragoni blu , ombre che ogni personaggio evoca in quanto aura dello spirito combattivo, aggiungono fortunatamente carne al fuoco permettendone la customizzazione attraverso stili diversi (mago, ladro, maestro della spada e molti altri) e salendo di livello proprio come i personaggi.

Se il sistema di combattimento riesce a farsi piacere nonostante l’assenza di difficoltà, è la coesione con i dungeon a penalizzare il divertimento e la varietà.
Caratterizzati da livelli sufficientemente complessi e infarciti di puzzle dalla difficoltà quasi sempre nulla, si estendono oltre il limite di sopportazione dell’utente medio, portando inevitabilmente alla noia, anche a causa della non elevata varieta’ di nemici presenti, probabilmente la vera nota dolente del gioco. Non che siano mal strutturati o frustranti, ma  prendono decisamente troppo tempo all’interno del gioco, specie nella prima metà.
Sono presenti sezioni sparatutto da affrontare a bordo dell’aeronave, nulla di trascendentale ma neppure fastidiose, che permettono di variare un minimo approccio, con una soluzione simile a quanto visto con la gummyship di Kingdom Hearts.

Dal punto di vista audiovisivo , discorso Toriyama a parte, Blue Dragon rappresenta uno dei migliori esempi del genere su piattaforme nextgen. Colori vivaci, varietà notevole di ambientazioni, livello di dettaglio soddisfacente, effetti di luce e riflessione, pulizia grafica sopra la media e un ottimo design geografico rendono il mondo di gioco piacevolissimo alla vista . Discorso diverso per quanto riguarda il design dei nemici: si passa da gustosi Robottoni  composti alla Getter a picchi di inadeguatezza come un tirannosauro bumpmappato oltremisura e dai curiosi piercing.
La storia, raccontata atraverso un buon numero di sequenze filmate, è uno stereotipo continuo al servizio della tradizione. Pochi gli spunti interessanti e pochi i momenti emozionanti, sebbene non si possa negare una coerenza di fondo equilibrata e ordinata. Gran parte dell’allontanamento avviene a causa della rappresentazione dei personaggi, decisamente troppo freddi e inespressivi, e dalla lentezza della sceneggiatura, perlomeno fino al terzo disco.
Laddove il coinvolgimento emotivo zoppica vistosamente, la colonna sonora del maestro Nobuo Uematsu risolleva le sorti del titolo Mistwalker, grazie ad un lavoro impeccabile e addirittura originale, con varianti rock e dance quasi mai fuori luogo ad arricchire il classico repertorio “alla Final fantasy”. Non il suo capolavoro, quindi, ma certamente una grande soundtrack.
Paradossalmente delude la musica dei combattimenti (forse per questo motivo alcune testate online hanno elargito poche lodi al comparto sonoro) e, soprattutto, delude il doppiaggio, sia italiano che inglese. Mentre quest’ultimo quasi arriva alla sufficienza, quello italiano raggiunge picchi di autolesionismo mai visti prima. Fatevi il favore di non settarlo e il gioco ne guadagnerà non poco.

In conclusione, la citazione che apre la recensione ha più significato di quanto si pensi: Blue Dragon si potrebbe recensire dopo una decina di ore di gioco, oppure lo si potrebbe recensire dopo averne esplorato ogni angolo con 120 ore di gioco sul groppone. Cambierebbe poco.
La qualita’ del gioco  negli intenti e negli obiettivi che si pone è medio-alta, il problema sta proprio negli intenti e negli obiettivi stessi.
Se amate i giochi di ruolo vecchia maniera, non vi spaventano ritmi di gioco lenti e scontri a turni e non pretendete una trama di alto livello, consideratene l’acquisto senza riserve.
Se invece appartenete alla fazione opposta lasciatelo tranquillamente perdere, a patto di non essere innamorati di Toriyama e Sakaguchi.

Toki 81


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