Forse sto peccando di presunzione.
Dopo una sorta di Manifesto del Pensiero Arioso e una cromo/retrospettiva su mamma Sega, ora mi accingo a raccontarvi la storia del più bel gioco di tutti i tempi, vissuta in prima persona, con la visuale in soggettiva. Eppure sento che devo farlo, perché è giusto partire dai fondamentali, perché non ha senso parlar di cose minori se non si è ancora affrontato il nodo di ogni questione.
Signore e signori, ecco a voi la storia di Street Fighter.
Il primo episodio uscì verso la fine degli anni ‘80. In realtà non ne vidi mai nemmeno uno screenshot prima dell’era internet: era una figura mitica, a cui si era riconoscenti ma senza un vero legame diretto. Giocato a distanza di anni non si riesce a scacciar l’impressione di porcata, per quanto introdusse il sistema di controllo a 6 tasti (che sostituì in fretta quello dei due tastoni gommosi da picchiare per stabilire la forza dei colpi) e molti dei personaggi ripresi successivamente. Le collisioni e i comandi erano tutt’altro che precisi, e si può dire che la vera saga di SF cominciò col suo successore.
Street Fighter II atterrò sul pianeta Terra nel 1991, e fu un vero cataclisma. La giocabilità infinita e indefinibile, il carisma di quei 12 personaggi, lo splendore della grafica, le musiche indimenticabili: tutti lo amarono, tutti lo giocarono, tutte le software house tentarono di copiarlo (su tutte, l’eterna seconda SNK). Dopo aver regnato in ogni sala giochi e baretto del pianeta[1], Capcom ne preparò una conversione per Super Famicom, che venne hypata oltre ogni limite da tutte le riviste mondiali. Uscì e fu il secondo cataclisma: conversione fantastica, qualsiasi mente lucida (per quanto si potesse essere lucidi di fronte a una tale meraviglia) lo premiò con un top-score. Io, bimbo ai primissimi anni delle elementari con in casa solamente un Megadrive, mi limitavo a sognare sugli screenshot pubblicati su Consolemania e C+VG[2], imparando a memoria ogni rigo, ogni espressione, ogni posa. “Street Fighter II vale da solo l’acquisto di un Super Nintendo”, recitava CM. Che rivista illuminata.
Fortunatamente la conversione per la console Sega non tardò ad arrivare, ed comprendeva la Champion Edition, inclusiva dei 4 boss finali selezionabili, e la Hyper Fighting, velocizzata e con minimi ritocchi di gameplay ed estetici (i costumi, principalmente).
Ci si passò su una vita, e fu il delirio. Si imparava a memoria ogni mossa portando il libretto di istruzioni a scuola per studiarselo e farlo ammirare ai compagni, si mimavano le mosse nei giardini sotto casa, ci si esercitava a fare le bolle, si compravano i (rarissimi, in provincia) joypad a sei tasti (io avevo uno scrausissimo Dragon grigio e rosso) e si derideva chi giocava con gli Enforcer e gli Enhancer con le mosse programmabili. Uscirono album di figurine, cartoni animati, film, poster, fumetti, improbabili accessori allegati alle riviste (vale la pena menzionare un tarocchissimo stick in plasticaccia viola da appiccicare sui joypad per simulare gli stick da sala… veramente pessimo, io lo montai). Scattò la mania del picchiaduro: qualsiasi porcata diventava desiderabile, da quelle SNK alle cagatone stile Fighters History a Mortal Kombat o World Heroes, il vero appassionato non si voleva far mancare nulla, persino Way of the Warrior aveva qualcosa di appetibile. Io tenevo un quadernetto ad anelli su cui disegnavo, uno per foglio, personaggi più o meno inventati che avrei voluto in Street Fighter (primissimo della lista Axel di Street of Rage). Nelle riviste si dava notizia di qualsiasi picchiaduro annunciato (anche senza la traduzione del titolo, talvolta), ma ovviamente a SF era riservato un trattamento diverso: lui aveva L’Angolo di Street Fighter, ed era in assoluto la prima cosa da leggere della rivista. Ricordo perfettamente l’impaginazione degli articoli storici, come quello con le primissime immagini di Street Fighter Zero, oramai consumate dalla bava. Per i nati nella prima metà degli anni ‘80 ebbe un peso paragonabile solo a quello di Ken il Guerriero o dei Cavalieri dello Zodiaco.
Non si può dire che fossi un campioncino, di certo ero il Re del Condominio, mio fratello non aveva possibilità, e come lui nemmeno gli amici. A questa imbattibilità casalinga non corrispondeva però un’imbattibilità pubblica: ero e rimango un totale impedito con gli arcade stick e in sala giochi ho sempre fatto figure fra il discreto e il misero. Generalmente era Blanka a stendermi. In un recente viaggio in nippolandia ho trovato un cabinato di SSF2X[3] e, non riuscendo a resistere, ho provato a farci una partita. Sono morto prima ancora che il mio compagno di viaggio si rendesse conto che avevo infilato la moneta.
A distanza di poco tempo uscì anche il seguito, Super Street Fighter II. Vi posso assicurare che, per l’epoca, prendere “lo stesso gioco” due volte era qualcosa di eccezionale, di esagerato, considerando il fatto che si doveva convincere i genitori a cacciar la centomila e che quasi sempre corrispondeva a un regalo di Natale/compleanno. Per SSFII si organizzò una gita familiare al Pergioco di Cordusio (nella metropoli). 139′000£, ma il gioco le valeva tutte. Cartuccia consumata, personaggi nuovi amati all’istante (su tutti Fei Long, nonostante le due sole mosse), nuovo stile di disegno per gli artwork, nuovi colori, nuove musiche, nuove mosse e il solito plebiscito sulle riviste. Rimase lo SF più giocato in assoluto. Uscì anche la versione Turbo, più difficile, con Akuma e le supermosse, ma la mancata conversione per le console casalinghe la rese, di fatto, una versione secondaria, non popolare e poco giocata. Uscì solo su 3D0, castrata per via del joypad, su PC, dove non aveva senso giocare SF, e tardivamente sui 32 bit.
Di fatto la nextgen era Street Fighter Zero, prequel del predecessore, con stile di disegno totalmente rinnovato e un sacco di personaggi nuovi, presi dal primo episodio o da altri giochi Capcom. In realtà si trattava di un mezzo gioco, assolutamente non agli standard di un vero SF, con scenari doppi, pochi personaggi e in generale poco curato. La correzione fu Street Fighter Zero 2, e fu ancora un capolavoro. Personaggi bellissimi, sfondi stupendi, giocabilità alle stelle come al solito. Ma il mondo non era più lo stesso: erano usciti i picchiaduro poligonali, la funari per il 3D era pienamente scoppiata e il 2D non reggeva il passo nella classifica dei desideri dei giocatori. Le riviste lo accolsero freddamente, con voti ignobili su una Consolemania allo sbando più totale e su una Megaconsole che, diciamocela tutta, non c’ha mai preso con nessun giochino.
Scuole medie. Gita in quel del lago di Como. Bei ricordi, tra l’altro. Avviandoci verso la stazione per tornare a casa, noto una porta socchiusa. Do un’occhiata e, surprais, ci sono dei coin-op! Mi avvicino e non potevo credere a ciò che avevo davanti: STREET FIGHTER III. Non capii più nulla. In preda a una funari di proporzioni astrofisiche corsi a cambiare tutti i soldi rimasti in tasca, li infilai tutti insieme nella macchinetta e senza nemmeno vedere quali personaggi erano stati introdotti mi lanciai su un Ken bello come mai prima. Inutile dire che venni umiliato al primo incontro da una spietata Elena ma, forte del patrimonio dilapidato, riuscii a far perdere il treno all’allegra combriccola.
Nel frattempo esce Street Fighter Zero 3, ed è completo come non lo è mai stato prima uno SF; lo si gioca un mondo, ma fu uno degli ultimi sussulti di una serie in declino. Una serie versus tanto carina quanto inutile (ma X-Men vs Street Fighter è un giocone), dimenticabilissimi episodi 3D, rimaneva il solo Super Puzzle Fighter II Turbo a destare gli animi di chi in realtà voleva solamente smanettare con le bolle.
Street Fighter III arrivò su Dreamcast e si prese alla prima occasione possibile nonostante quell’ignominia di pad, sottovalutatissimo il Second Impact e sopravvalutato il Third Strike. In realtà come gioco era bello, bellissimo, stupendo, lo si è giocato tanto e tecnicamente è ancora imbattuto, ma lo spirito non è più quello di un tempo, Capcom inizia a commettere errori nella progettazione dei personaggi (Q? Twelve? Remy?), gli scenari sembrano provenire da mondi alieni e la colonna sonora hiphoppara non aiuta di certo. Neanche il boss finale sgravato che resuscita con la supermossa. SFIII è un gioco bellissimo, nonostante tutto, e gli appassionati lo divorano, ma la realtà è davanti agli occhi di tutti: l’era del picchiaduro è finita, e non importa quanto possa impegnarsi una maldestra SNK.
Seguono una serie di giochi tra il simpatico e il dimenticabile: in Capcom vs SNK la seconda mamma di tutti noi concede al gruppo di giappomongoli di presenziare in un proprio gioco, e -nonostante il budget ridicolo- regala a quei pagliacci la versione meglio disegnata che abbiano mai visto. Capcom Fighting Jam ha il solo merito di rendere utilizzabili per la prima volta i personaggi di Warzard (i cui screenshot su MegaConsole procurarono qualche svenimento agli adolescenti che mettevano al vertice D&D e SF).
Poi, il nulla.
Oggi, a distanza di anni, torna Street Fighter. Una Capcom dilaniata, sfigurata, irriconoscibile vuole far resuscitare il suo brand di punta. La strategia è semplice: missione nostalgia. In realtà, le premesse sarebbero anche le migliori: non potendo ignorare di essere nell’era del 3D e che molti degli attuali giocatori sono nati con Tekken o con Halo, si portano avanti due progetti paralleli. Col primo si restaura l’episodio più completo della serie originale, donandogli lo splendore dell’alta risoluzione in modo che risulti attuale e appetibile. Col secondo si crea il vero nuovo gioco, e si lavora sul 3D rendendolo pastelloso ed espressivo. Ok, teoricamente siamo a cavallo.
In realtà: SSF2X HD è stato affidato al gruppo di cani yankee responsabili di un fumetto mediocre su SFII. Questi si son messi a ricalcare i vecchi disegni rimanendo dentro i “margini” degli sprite originali per non dover riscrivere le collisioni, e quindi il gameplay, da zero, e non hanno aggiunto nemmeno un frame di transizione. Inoltre, come chiunque ne capisca un minimo di animazione potrà intuire, disegnando frame per frame senza dare priorità alla coerenza nella dinamicità delle figure, ma piuttosto restando dentro un “margine”, non si può fare che una porcata. Risultato: SSF2X HD è uno scempio inguardabile, con animazioni scattose e sconnesse.
Per quanto riguarda Street Fighter IV, vorrei trattarlo approfonditamente in un articolo ad hoc. Per introdurvi al mio pensiero su quel gioco, credo che vi siano due grossi problemi principali. Il primo è che SFIV è privo di una identità propria. Il 4 viene dopo il 3, ma questo ne è antecedente. Tutti i personaggi e gli stage del 2 sono riproposti, facendolo semprare più un remake che un seguito. Il secondo problema consiste nel fatto che, fondamentalmente, questa gente non conosce lo spirito di Street Fighter. Lo si è visto fin dai primi screen, coi personaggi storpiati, e soprattutto appena è stata messa in gioco la loro fantasia e non la loro capacità di riprodurre cose già esistenti, ovvero con la presentazione dei quattro (cinque) nuovi personaggi. Non ce n’è uno che si integri bene con il cast originario, con picchi di assoluta bruttezza come il ciccione biondino di cui mi rifiuto di conoscere il nome. Capcom è sempre stata l’eccellenza della plasticità, della dinamicità, è stata musa e maestra di una generazione di disegnatori e animatori, e vederla arrancare così con le tre dimensioni fa male. Chiaro, ora sono passati dei mesi e l’hanno limato, anche ascoltando le sfuriate della gente su internet: i personaggi sono stati ritoccati (v. Ken), gli shader perfezionati, il gameplay sembra roccioso e come gioco sarà sicuramente divertente.Io ho già messo da parte i soldi, e lo comprerò senza nemmeno leggerne le recensioni. Ma per quanto potrà essere ben fatto, il suo destino è già scritto, e con lui quello di Street Fighter: un videogioco rappresentativo di un’epoca che non c’è più.
E allora mi rifugio ai margini, con il mio pad a 6 tasti attaccato al Megadrive collegato al mega TV HDReady con il cavo antenna, a godere del miglior gioco di sempre e dei suoi pixelloni che tanto ci hanno fatto sognare e divertire.
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Note
1. Un sentito grazie al Vegita del nostro forum, responsabile di aver montato il coin-op di Street Fighter II che mi ha permesso di giocarlo per la prima volta, al Baia Verde di Punta Ala.
2. Sono disposto a spendere cifre folli per recuperare quei numeri. Se li avete e volete sbarazzarvene, oltre a vergognarvi di voi stessi, contattatemi.
3. La foto in home dell’articolo rappresenta proprio quel cabinato
Ahahah, le foto agli articoli son stati la fatality, ma al punto che m’è preso lo struggino e ho scattato la foto del millennio. Ovviamente è lo SFII’ su MegaDrive. Con quell’alone di magia che circonda solo quella console…
“Una festa di colori” maestro Zani, 1993.
Crepate.
Bella roba Aries!! Nostalgia canaglia. Quando ripenso ai vari SF non mi escono le parole. E’ stato il babbo e la mamma del gameplay degli anni d’oro. Ricordo sempre le mie litigate con l’LPf su quale fosse la versione migliore: lui diceva MD, ovviamente, ed io SNES, altrettanto ovviamente. Ricordo ancora la faccina di Sagat nella selezione dei png che sembrava avesse il baffo, boh, era tutto storpiato, io lo prendevo per il culo “via sembra un gatto” (Hahahahah). Poi il parlato del mega che a volte gracchiava, e soprattutto ricordo la maggior pulizia grafica della versione di riferimento (SNES). Un po più lenta a dirla tutta, ma tant’è. E la magia dello zero 2 sul Satan, ore e ore e ore…
Lo Zero 2 è stato l’apoteosi del brand, nonché il videogioco perfetto.
Ahahah, guarda l’ultima foto dell’articolo, c’è la selezione dei pg. Lo chiamavi il gatto “Ora prendo il gatto, poi tu lo vedi”, che imbecille, è il medesimo bitmappino del coin-op e del SNES. Però m’ha fatto schiantare anche a rivederlo, con quel dentone e il baffo, ahahah, via, ma che roba è?!
Io non per dire, ma a parte che mi sono sentito davvero vecchio, perchè invece sbavavo sul primo Street Fighter, l’ho giocato in sala con i 2 tastoni gommosi (durati tipo mezz’ora dall’installazione del cabinato, prima di venire sfondati a calcagnate dallo zama di turno), e ricordo che col mio vicino di banco ’storico’ delle medie, passavamo le ore a disegnare mock-up (che allora non avevamo idea si chiamassero così, ovviamente :asd: ) con versioni di Street Fighter “personalizzate”, che poi erano nient’altro che plagi spudorati pure nell’ordine degli avversari: il terzo era sempre un personaggio enorme con la cresta, o comunque con un aspetto da guerriero della notte.
Ricordo anche con orrore le conversioni per Spectrum e c64, tanto attese quanto vomitevoli (con pure la presa per il culo aggiuntiva della doppia versione Uk/Usa, che tanto facevano cagare entrambe). Mi torna anche in mente la funari incredibile che mi prese per il PC Engine (che poi non riuscii mai a prendere), e la sua conversione spacciata (lo era davvero poi? boh) come arcade perfect nelle poche paginette che Zzap! (o chissà se era già Kappa? ricordo che era estate, ero al mare e passavo i pomeriggi dopo pranzo a consumare con gli occhi quelle foto) dedicava alle console.
Bisogna anche pensare che all’epoca, il massimo per il picchiaduro 1vs1 erano karate champ coi suoi due stick e Ye ar Kung-fu, con un sistema di controllo che definire ostico (e cretino, via) sarebbe poco.
Ricordo pure le prime speculazioni su come si facesse la bolla, con gente che si spacciava per scopritori del filone d’oro e poi invece li vedevi a contorcersi e a procurarsi delle tendiniti sul cabinato… sembra incredibile a pensarci adesso, che la “bolla” è un movimento quasi inscritto nel nostro DNA.
Insomma, per concludere, immagina per chi aveva mitizzato quella (col senno di poi) porcata di Street Fighter I che _botta incredibile_ sia stata vedere per la prima volta Street Fighter II.
Comunque, che mi sono lasciato prendere la mano… dicevo: io non per dire, ma l’unica cartuccia che ho conservato del SuperNes è proprio quella di Super Street Fighter II : The new challengers.
Chapeau!
Bel pezzo davvero, complimenti. Giusto un paio di appunti: SFZ3 è una porcata (palleggi l’avversario a mo di picchiaduro 3d…dai) e il primo fu devastante (un fulmine a ciel sereno), su questo non transigo, sempre dall’alto della mia supponenza :teach: