Il combattimento mortale, quello nuovo, c’ha i Big Jim. - { Curia, Delibere }
Esulo, Mercoledì 11 Maggio 2011 @ 10:10

Premessa: si potrebbe fare i simpatici e scrivere ‘kombattimento’, ma oltre che di simpatico non c’è nulla, mi sembra anche una poverettata. E quindi rimane con la ‘c’.
Bene iniziamo. Dicevo. Ho letto da qualche parte che questo nuovo Mortal Kombat sarebbe il nono, escludendo gli episodi portatili e qualche spin off imbarazzante. Io ne ho giocati due, e mezzo. Il primo apparve in sala, quando? Wikipedia suggerisce 1992. Era messo lì, quasi all’entrata, c’era la folla, voci incredule: “E’ un film, è vero, guarda, c’è pure quello di grosso guaio a ciainatàun, ma quello è Vandamm’? Oh, ma pure il sangue.”

Uno staccò una testa (probabile che se la fece staccare) e la folla di bambocci ammutolì. Ma che era quella roba? Eravamo tutti felici e contenti a giocarci la roba pastello di Capcom e di colpo ci tradivano con i tipi vestiti da carnevale? La verità era che il primo Kombat era un freak da circo, qualcosa che tutti volevano guardare, ma nessuno voleva toccare. Ci hai mai giocato in due? No, ovvio, chi voleva giocare con dei tizi tutti uguali, con le mosse tutte uguali, che non si capiva neanche quando li colpivi? Nessuno, e infatti col freak ci giocavi da solo, giusto per vedere se il computer ti staccava la testa o ti inceneriva dopo che avevi perso, perché internet non esisteva e nessuno sapeva fare le fatality. Che brutti tempi. Nonostante ciò, del freak se ne parlava molto, e io me lo portai a casa, nella sua tanto attesa versione per megadrive, ordinata bramosamente al telefono, ritirata in posta dopo una giornata di scuola che non passava mai e che aprendo la confezione ci ritrovai dentro un foglietto fotocopiato con su scritto a pennarello grosso il cheat per attivare il sangue e tutte le fatality. Giubilo e gaudio, grande ComputerOne. Ma nonostante ci sfondai il pad del megadrive (quello che lo aprivi e ci mettevi i rinforzi in carta argentata sotto i tasti quando non funzionavano più), il freak sempre freak rimase, ci giocavi da solo perché preso di fianco ad uno Street Fighter 2 sembrava una cosa bruttina. E a nulla valevano le faccine dei programmatori sotto evidenti effetti da stupefacenti che apparivano randomicamente dopo l’uppercut.
Che bisognava aggiustare il tiro, Midway lo capì subito, con il secondo capitolo che ingranò ben altra marcia, gettando le basi per tutto il pantheon di strani mondi e creature che ha sorretto la ridicola trama fino ad oggi. Il freak, oltre alla voglia di suscitare la nostra curiosità per il grottesco ( e credetemi, Baraka e il cappello assassino di Kung Lao erano festa per i miei occhi da nerd brufoloso), puntò anche su un certo gameplay più articolato, molto meno legnoso del predecessore e che cercava di variare anche i diversi stili di lotta. Rimaneva comunque la sensazione di smashing selvaggio, di personaggi sgravati con la mossa che colpisce sempre (il calcio teletrasportato di Mileena ad esempio). Io me lo portai a casa (di nuovo) sul Super Nintendo, una conversione arcade perfect che oggi ricordo con amore (erano anche gli stessi tipi che ti tirarono fuori un NBA Jam clamoroso, sempre su SNES, ci sfondai un altro pad).

Poi, l’apatia, l’insofferenza, la separazione. So che uscì un terzo episodio, e poi un rimaneggiamento con il titolo di Ultimate. Lo provai in sala, c’era un tasto che serviva per correre ( ! ), che sparava i tipi ad una velocità folle contro le mani dell’avversario. Era ridicolo. Qualche ragazzetto mi pestò per bene e intanto il picchiaduro 2D doveva fronteggiare l’ascesa di quello 3D, a Capcom si era affiancata SNK che sfornava un titolo al mese. E quel ragazzetto mi fece capire che io con MK avevo chiuso.
Dieci o forse più anni più tardi, da un cestone recuperai un Mortal Kombat ‘moderno’: non so che numero fosse, aveva come sottotitolo Deadly Alliance, ad indicare qualche sottotrama iper-trash per giustificare non solo la continuazione dell’epopea, ma anche la resurrezione di gente a cui ripetutamente veniva staccata la testa o finiva in un bagno acido. Ci giocai non direi poco, ma superficialmente, giusto per capire che si provava in tutti i modi a rivitalizzare il brand. E a detta di diversi cultori della saga, quel gioco lì è anche uno dei migliori. Rimaneva innegabile però che l’evoluzione porta a snaturare il concetto originale. Mi dicono che sono seguìti, forse altre due o tre capitoli così, per finire con lo sventurato Mortal Kombat Vs. DC Universe, titolo che non si è praticamente cacato nessuno.

Ed arriviamo allora ai giorni nostri, con un nuovo studio, Netherrealm, che si fa carico di rilanciare il brand, chiamando il nuovo capitolo semplicemente Mortal Kombat. Con un termine che va molto di voga nella hollywood finita a corto di idee, diremmo reboot. E con quali attese/pretese, un fan della prima ora dovrebbe attendere questo titolo? Probabilmente con nessuna, visto anche che suddetto fan lo ha pagato nuovo 12 euro portando indietro Crysis2 e che non ci avrebbe speso nessun euro in più. E invece e invece e invece, tagliamo corto, è il miglior picchiaduro della gen. Ehh sì, perché dove gli altri lesinano (Capcom) qua invece c’è abbondanza. Prima di tutto la grafica, non sarà da primato, ma scegliere l’Unreal Engine è stato geniale, perché a modellare il corpo di pupazzi che si prendono a pugni, non c’è nulla di meglio. Anzi, vien da chiedersi come mai qualcuno non ci abbia pensato prima. I modelli sono davvero animati bene, i particolari sono abbondanti (e sulle fanciulle e abbondante anche altro) e alcuni effetti particellari (come il fumo) lasciano di stucco per la loro credibilità. I fondali risultano anche meglio, decisamente ricchi di elementi scenici che hanno richiamato spesso la mia attenzione. Menzione speciale per i danni e le ferite che appariranno a poco a poco sui corpi dei lottatori. E diciamo che non si limitano ad un solo occhio nero o qualche taglio. Qualcosa che credo sia inedito per la saga sono le X-ray moves, ovvero dei potentissimi colpi che quando andranno a segno faranno partire una scenetta in cui vedremo ossa e organi del nostro avversario rompersi nel modo più doloroso possibile. Sebbene spettacolari, mi chiedo come dopo tanta violenza, uno sia ancora in grado di stare in piedi, e di non riportarne gli effetti in combattimento.   Ma ho detto che era il picchiaduro della gen, ma lo dico solo per la grafica? Certo che no, anche perché perfetta non è (la modellazione nelle scenette di intermezzo è imbarazzante).

Il punto chiave è che è dannatamente divertente. Giocato con un pad giusto (se non volete prendere la versione ps3 avete tutta la mia comprensione, ma per l’xbox360 dovete procurarvi un pad adatto o meglio un joystick), le combinazioni e le mosse speciali vengono fuori ad una velocità impressionante, rendendo il combattimento molto scenografico, ma non per questo caotico. Siccome non è presente nessuno spostamento laterale (presente invece nei precedenti capitoli 3D), si ha davvero spesso la sensazione di giocarsi uno dei primissimi capitoli 16bit, ma riproposti in pompa magna. Inalterato è anche il super uppercut che farà perdere ettolitri di sangue allo sventurato che se lo beccherà in faccia, vero marchio di fabbrica della serie. Le fatality (perché lo so che volete che ne parli) sono un po’ così, neanche le ho viste tutte, ma sono anche marginali da quello che ho potuto capire, senza le porcate stile babality, animality, minchiality. Con la tecnologia messa a disposizione, le sequenze ammazza-avversario sarebbero davvero potute essere molto più truculente e spettacolari, invece si ha la sensazione di far partire uno script che agisce sempre e comunque sullo stesso modello. Comunque ci sono e chi non ne può fare a meno si sbizzarrirà a effettuarle tutte (sblocca anche un obiettivo). Ma c’è anche altro oltre grafica e gameplay? Certo, è la sagra dell’abbondanza. La modalità Skalata (e scusate per la ‘K’) è la classica modalità arcade, ma la modalità principale è il vero piatto forte ed è la storia. Praticamente un pippardone in 16 capitoli che con un escamotage ripercorrerà la storia di differenti tornei avvenuti in passato e in cui assisteremo a poco a poco agli eventi che si intrecciano tra i vari protagonisti. Non si può scegliere un combattente, ma si deve giocare di volta in volta nelle varie situazioni proposte. Cioè, in un picchiaduro, una modalità storia così ben fatta non la si era mai vista. Vero Namco?
Certo non aspettiamoci situazioni verosimili e recitazioni da teatro, diciamo che a volte si va tranquillamente nel ridicolo spinto. Ah, se poi volete giocarvelo in italiano, alcuni (oddio, forse tutti) doppiaggi sono davvero da mani nei capelli. Ma siamo davanti a quelle cose talmente brutte che si finisce per amarle. Che altro aggiungere? Che c’è l’opzione per il tag team per rendere gli scontri ancora più spettacolari, che ci sono una caterva di bonus più o meno interessanti da sbloccare, che c’è una compilation di 300 sfide da affrontare con le regole più disparate.

Se volete trovo anche qualche difetto, non sia mai non ce ne siano. Se ci giocate da soli dopo un po’ potrebbe venire a noia (ma non l’avremmo mai pensato), che i ninja finiscono con l’assomigliarsi ancora una volta un po’ tutti (ma hanno stili differenti), che c’è una strana sensazione (ma solo a volte, eh) che siano fatte le cose con il freno a mano tirato, che alcune voci sono missate male e non ci capirete nulla. Alcuni potrebbero dire che la modellazione, in fin dei conti, è brutta, io la definirei semplicemente ‘diversa’. Ah, un grossissimo difetto ce lo ha per davvero, ed è che per giocare online dovete inserire un codice incluso nella confezione. E che se poi uno lo prende usato, questo codice potrebbe essere già scaduto e quindi saremo invitati a comprarne (uh!) un altro, come se il prezzo del Live già non fosse abbastanza. Bella cavolata, grazie.
La verità è che pur comprandone ancora per inerzia, nessun picchiaduro mi ha divertito così da tanto, troppo, tempo. Quindi, se volete risvegliare il trash che è in voi, la scelta deve ricadere per forza su questo Mortal Kombat. Il freak si è comprato il circo, ha messo il frac e il cilindro e ci invita a goderci lo spettacolo.

Pierpo


PS: segnalo che in Warner Bros han fatto le cose in grande e, per lanciare il gioco, hanno proposto una miniserie dal vivo intitolata Mortal Kombat: Legacy. I primi episodi, dalla durata di 10 minuti ciascuno, sono facilmente reperibili sul tubo.


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