L’Angolo del Cestone: Metro 2033 - { Curia, Riesami }
Esulo, Mercoledì 16 Marzo 2011 @ 15:42

Dopo aver stuzzicato molti palati fini, lasciandone fin troppi indifferenti (viste le vendite scarsine, ma che comunque non hanno pregiudicato il seguito, presente all’E3 di quest’anno), è arrivato il momento anche per il Sottoscritto, a un anno esatto dall’uscita nei negozi, di gustarsi questa piccola gemma grezza sviluppata da 4AGames, (gruppo di dev ucraini, che hanno lavorato a Stalker prima di creare questa nuova sh), e basata sul bellissimo romanzo omonimo di Dmitry Glukhovsky.

Dopo il bombardamento nucleare subìto dalla loro città, i superstiti Moscoviti trovano ospitalità nella metropolitana cittadina, piantandovi radici che, si spera, porteranno quello che rimane della civiltà a superare il Fallout e a sopravvivere. Perché con gli anni la superficie si trasforma in un cimitero delineato da scheletri di cemento, di metallo e di neve; orrende mutazioni nascono ed entrano a far parte della quotidianità delle varie Stazioni, che nel frattempo crescono e riescono ad organizzarsi in diverse città-stato, in grado di difendersi da questi abomini… e da strane entità aliene di cui si sa davvero poco, ma in grado di annichilire ogni resistenza umana.
Questo grossomodo l’affascinante background in cui prende forma la storia del protagonista, Artyom, figlio del comandante della Stazione Expo.
Se c’è un elemento azzeccato di Metro è sicuramente l’universo creato e interpretato all’interno del gioco, un po’ come in Fallout (con le dovute differenze): la prima ora di gioco (e in generale durante le 12 ore abbondanti della campagna) è pregna di atmosfera, e ospita elegantemente il giocatore, con fermezza, anche grazie ad una realizzazione tecnica di prima fattura, animazioni sorprendentemente curate, comparto grafico certosino, location dettagliate e credibili; pure lo score e gli arrangiamenti sono gradevoli e mai ripetitivi.
Per non parlare di piccole chicche come l’avanzata con indosso la maschera anti-gas, coinvolgente grazie al pesante respirare di Artyom che ne scandisce ogni passo, o le occasionali difese dei fortini contro le orde di mutanti, o, ancora, il plot narrativo che ad un certo punto spicca e percorre binari profondi e inconsueti, in una spirale distopica e umanistica.
Coinvolgimento e tecnica sono quindi sugli scudi per questo effepiesse.

FPS? Ecco, è qua che la comunità si è divisa e, come una sciabola, ha delineato gli schieramenti dei pro e dei contro, creando una gran bella forbice di valutazioni anche tra quelle reperibili su uInternet. Gli ingranaggi che smuovono le fondamenta appaiono un po’ arrugginiti infatti, non trasmettendo mai pienamente la sensazione di abbracciare un’arma durante i combattimenti, colpa anche di un certo lag nei comandi e di un fastidioso hit response che affligge i nemici. Se ci si aggiunge alcune gravi incertezze dell’IA e un design dei livelli (per forza di cose) piuttosto demodè, ecco che lo scenario pare piuttosto desolante per chi cerca delle meccaniche rifinite e bilanciate; è bene sottolineare questo aspetto, perché se riuscirete a digerire queste pecche, molto probabilmente Metro riuscirà a smuovere le giuste corde del vostro gameplay. I designer ucraini hanno comunque cercato di rendere meno blanda l’azione di gioco, inserendo, come già citato, concitati catenacci, ma anche scorribande a bordo di mezzi di trasporto e una riuscitissima sessione stealth che, inspiegabilmente, è stata limitata ad un solo sottolivello. Peccato! Tutti elementi di companatico che risultano piacevoli e che non pisciano mai fuori dal vaso.

A giochi fatti, forse si poteva potenziare l’aspetto più ruolistico del gioco, cioè la compravendita delle armi tra una stazione e l’altra: l’economia della Metro ha perso ogni connessione con la superficie, pertanto il denaro è stato soppiantato dalle munizioni. A fronte di un’ottima idea che amplifica l’immedesimazione del giocatore nel contesto post-atomico (sparo sventagliate uccidendo tutto, ma rimango un barbone o faccio la Tabris, sfodero il machete e porto a casa il gruzzolo?) il tutto purtroppo si limita ad un rigido baratto di munizioni extra (poche armi e quasi tutte rintracciabili nelle primi fasi di gioco sul proprio cammino), azzerando o quasi l’utilità di questa feature. Un banco da lavoro e una maggiore personalizzazione non avrebbero guastato, così come uno pseudo commercio tra stazioni e relative missioni secondarie, ma forse sto divagando troppo.

Un paio di note: è presente il doppiaggio in russo con sottotitoli in italiano (consigliato, ma solo al secondo giro, visto che gran parte dei dialoghi NPC non sono sottotitolati); “la conclusione” è molto particolare e vi farà sollevare più di un sopracciglio, e il fatto che il testo del romanzo differisca dal videogioco soprattutto per le parti finali non aiuta a far chiarezza; infine, non è presente nessuna modalità online, per chi se lo domandasse.

Insomma, come dice lo slogan del gioco, Fear the Future? No, il gioco THQ non deve aver paura, e lo valuto con un ottimo 29 euro di prezzo massimo spendibile. Niente culi dannati, nessuna prostituta da beatificare: solo una grande avventura, e un discreto giohino.

Freg


1 commento a “L’Angolo del Cestone: Metro 2033”

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