AM Awards 2010 parte 6: mauZ - { Curia }
mauz, Martedì 11 Gennaio 2011 @ 12:16

Cosa è rimasto, di questo 2010?
Alla fine ho giocato poco e male: complice anche l’aggravarsi degli episodi narcolettici e/o convulsivi durante le sessioni di gioco in solitaria, non ho (quasi) toccato nessuno dei titoli privi di una qualsivoglia componente online, evitiamo allora l’elencone categorico del meglio di, e ripercorrerò semplicemente l’ordine temporale dei miei acquisti, soddisfacenti o deludenti che siano stati, ché magari mi darà anche un’idea di che giocatore sono, ormai.

Marzo 2010: Battlefield Bad company 2
Sembra incredibile, ma non riesco a ricordare di avere giocato qualcosa uscito prima del Marzo 2010, mese nel quale ha fatto l’ingresso nel lettore del 360 Battlefield: Bad Company 2[1].
Titolo che potrei brevemente liquidare come il miglior sparatutto multiplayer attualmente disponibile su console: anche se, come buona parte degli fps a classi, non è privo di difetti di bilanciamento, e non è assolutamente adatto ad un tipo di gioco sociale (su cui tornerò dopo), resta fottutamente immersivo, con un motore grafico solidissimo anche nelle situazioni più affollate e frenetiche (gli si perdonino aliasing e un po’ di tearing, ché questi hardware sciancati son quello che sono, ormai), un comparto sonoro da urlo, e una varietà di approccio a cui raramente siamo abituati.
Tutto l’insieme restituisce un senso di partecipazione raro, e per chi apprezza il gioco di squadra, non manca mai la sensazione d’essere contemporaneamente una piccola pedina di uno schema più grande, ma anche una pedina importante, per dio! una pedina che con una buona giocata -o serie di- può cambiare il fronte della battaglia. Bellissimo, peccato solo per l’ambientazione realistica, ché non apprezzo particolarmente.
Ah, ovviamente si gioca solo online, solo in modalità corsa, e preferibilmente con tre amici a formare una squadra.

Maggio 2010: Red Dead Redemption
Per togliere il disco di Battlefield ci sono volute la beta di Halo: Reach[2], e l’uscita a Maggio di un titolo molto atteso, che nel bene e nel male ha fatto molto parlare di sé, Red Dead Redemption: titolo dell’anno per moltissime comunità videoludiche, quasi unanimamente considerato una peta di quelle sgradevoli -quelle che lasciano pure il segno nella mutanda- qui Ai Margini.
Per quanto non mi senta di essere totalmente negativo, ha certo disatteso buona parte delle aspettative, soprattutto -per quanto mi riguarda- nella sua componente multiplayer: era stato presentato quasi come un piccolo MMO nell’inedita -e resa davvero bene, questo gli va riconosciuto- ambientazione western, e per certi versi lo è stato davvero, purtroppo è un MMO in cui c’è ben poco da fare, salvo imbarcarsi in fantomatiche caccie al daino fino a mattina.
Nota di demerito per Rockstar che ha successivamente reso disponibili tutta una serie di feature -che avrebbero dovuto essere presenti da subito- in forma di downloadable content, costringendo l’utenza a spendere il doppio della cifra ufficiale per ottenere un prodotto completo, bella prova!
Poi boh, a me loro stanno inspiegabilmente simpatici, e anche in questo caso come per Gran Theft Auto (e forse anche meglio), han creato un mondo vivo e credibile. Ma arrivati al 2011, credo di avere perso le speranze che manderanno mai in gold un gioco che sia anche divertente.

Ritagli, fra Luglio e Agosto 2010: Blur
E insomma, dopo l’abbandono di Red Dead Redemption, con il conseguente ritorno su Bad Company 2, non ho praticamente giocato nulla fino a Settembre, escludendo la breve parentesi su Blur, potenzialmente un bel clone in ambientazione proto-realistica di Mario Kart, ma talmente afflitto da problemi di bilanciamento -e dalla sindrome da levelling lineare di COD- da risultarmi detestabile, a maggior ragione se preso con troppo ritardo come ho fatto io. Uno dei pochissimi giochi che ho rivenduto in vita mia.

Settembre 2010: Halo: Reach
E poi a Settembre quello che è il mio gioco del 2010 su console, Halo: Reach.
Attesissimo, carico di aspettative, inevitabilmente deludente per molti, l’addio di Bungie alla saga più famosa della console Microsoft è un titolo confezionato con cura amorevole in ogni sua componente, magari meno havdcov[3] dei precedenti, ma per molti versi più godibile e variegato, nonché il primo gioco dai tempi di Gears of War che (mi) permette di fare un po’ di sano gioco pantofolaio fra amici.
Alla fine non c’è poi molto altro da dire che non sia già stato detto, negato e ridetto: molti lo odiano, altrettanti lo amano, in termini di mero giocato probabilmente non raggiunge i numeri del predecessore, ma è sempre lì, solido, a reggere le falcettate dei Call of Duty e dell’espansione vietnamita di Bad Company 2.

Ottobre 2010: Minecraft
Subito dopo Reach -non ricordo più se era ancora Settembre o già Ottobre- la scoperta e la successiva funari per quello che è invece il mio (ma giusto perché è del 2009[4]) gioco dell’anno tout-court: Minecraft.
Nuovo emblema dello spirito cantinaro del videogioco, sopravvissuto allo sciacallaggio feroce delle major, è uno one-man project d’altri tempi, contemporaneamente grezzo e ricchissimo di idee - il craft system andrebbe studiato nei manuali di design- semplice e profondissimo, brutto e affascinante… meriterebbe penne migliori della mia per essere raccontato, ma confido per questo nello Zap.
A tal proposito, Minecraft brilla di luce propria soprattutto se giocato nella modalità SMP (Survival MultiPlayer): essere catapultati in un mondo infinito da esplorare (e scavare, e rimodellare a piacimento) con lo Zappo e Funker (e il tanto silenzioso quanto molesto Johnkramer), passare serate -nottate, anzi- a perdersi in inquietanti dungeon generati randomicamente, cagandosi sotto per ogni mostro verde esplosivo costruito con 10 cubi, mentre si cerca di deviare il corso di un fiume sotterraneo con l’intento di allagare una stanza piena di zombi (fatti con 12 cubi, ma che annegano, le merde), giusto perché si PUO’ fare, anche se sarebbe molto più pratico entrare e prenderli a spadate…
O ancora: costruire improbabili rotaie a centinaia di metri d’altezza per collegare una casa scavata in una montagna con una spropositata torre di terra ed un’ancora più improbabile baita di legno appoggiata su un’unica colonnina di terreno, perdendoci un sacco di tempo solo per ritrovarsi a dire, alle 4 di mattina: ehi, adesso dovremmo anche fare un canale per l’acqua e farci passare una barca!
Beh, magari si esagera a dire che tutto questo non ha prezzo, ma sicuramente vale i 10$ del biglietto che dovrete (e dovreste, davvero) corrispondere al simpatico (e ora ricco un bel po’) Notch.

Novembre 2010: App Store
Ultimo ma non ultimo, merita una citazione e un posto d’onore, nonostante non sia propriamente un gioco quanto un modello di vendita.
Premettendo che -per quanto ne sia sempre stato attirato- non avevo mai avuto il fegato di spendere le cifre (esose) richieste da Apple per un iPhone o per un iPad, men che meno per entrambi. Fortuna vuole che a Novembre mi siano finiti per le mani tutti e due per questioni lavorative, cosa che mi ha permesso di dissanguarmi a cuor leggero a furia di microtransazioni.
Tanto ci sarebbe da dire, sia sui due hardware melamorsicati (mi limiterò al fatto che -lato gaming- se si possiede un iPad, l’iPhone non ha alcun motivo d’essere: passare da 42 a neanche 4 pollici per giocare non è proprio cosa, ma va decisamente meglio coi 10 circa del controverso tablet) che sulla piattaforma di sviluppo e vendita messa in piedi da Apple (a cui bisogna fare molto occhio: con la recente unificazione dello store per iPhone, iPad e iMac, Jobs sembra voler entrare a gamba tesissima nel mercato gaming), ma siccome non ne ho nessuna voglia, mi limito a parlare dei due titoli[5] che mi hanno più colpito fra i vari scaricati.
Io li testati e consumati entrambi su iPad, ma -con le riserve di cui sopra- girano allegramente anche sul fratellino minore.

Let’s create: Pottery!
Titolo che -dice bene il Ginko- ci si sarebbe aspettati di vedere sul DS, ma che Nintendo, persa nella sua rincorsa del pubblico di giovanissimi (o di ottuagenari con l’autismo di ritorno), non sembra affatto intenzionata ad esplorare, Let’s create: Pottery! sfrutta alla perfezione le funzionalità del multi touch per mettere in piedi uno strano misto fra un gioco ed un tool di sviluppo, nel quale -novelli Demi Moore[6]- vestiremo i panni di un vasaio(!) alle prime armi al quale, nella forma di mail ricevute da una fantomatica zia prima e da altri committenti dopo, verranno effettutate richieste via via più complesse, propedeutiche alla scoperta delle varie funzionalità del gioco (che si divide in modellazione, cottura e decoro dei vasi) ed all’acquisto (con moneta virtuale e non in forma di in-app purchase, per fortuna) dei vari materiali e pattern di decorazione disponibili.
Insomma, detta così sembra una puttanata, ma l’intuitività del modello di gioco sommata ad una cura nella relizzazione e messa in scena sopra la media, lo rendono un ottimo titolo da usare come break fra giocate più serie ed impegnative, nonché l’unico titolo single player su cui abbia avuto voglia di passare più di un paio di ore. L’unico oltre a…

Sailboat Championship Pro HD
Dallo stesso gruppo di polacchi di cui sopra, il Super Sprint del nuovo millennio. A differenza del titolo precedente, orientato ad un’utenza casual e un po’ gaia, Sailboat Championship Pro è un titolo dalla difficoltà imbarazzante, che costringe il giocatore se non proprio ad imparare come si porta una vera barca, perlomeno a capire le meccaniche di funzionamento basico di una piccola deriva, siccome sarà necessario padroneggiare l’uso contemporaneo di timone e randa[7] per superare le varie e numerose sfide (in forma di regata con o senza avversari) proposte su due ambientazioni diverse (che vabbè, ovviamente sono per il 99% formate da acqua).
Vivaddio viene concessa qualche licenza al realismo, permettendoci di ostacolare gli avversari, o utilizzarli come comodi respingenti alla Gran Turismo, senza nessun tipo di penalità, altrimenti temo che sarei ancora bloccato alla seconda sfida.
Peccato solamente per le missioni bonus, totalmente fuori contesto: una gara su moto d’acqua ed una missione di raccolta stelle a la Pilotwings (ma brutto) a bordo di un idrovolante, entrambe controllabili via tilt, che risultano decisamente meno divertenti e più banali del piatto forte del gioco. Credo e spero che finendo tutte le missioni della seconda ambientazione, si possa sbloccare una modalità “free roam” -almeno così mi pare di capire dalla vetrina iTunes- ma data la difficoltà di cui sopra non ci sono ancora riuscito. Mi pare giusto chiudere citando una delle frasi da caricamento del gioco: le barche a vela[8] sono quanto di più simile ai sogni l’uomo possa costruire.

Fin.


Note

1.In realtà mi ero già sfondato lungamente con la beta, ma mai quanto Super Anto che credo abbia accumulato più ore sulla beta di quante ne abbia poi spese io sulla retail.

2.Per modo di dire, si scaricava su hdd.

3.Se considerate hardcore un gioco fatto di br-br-br-br.

4.Uhm no aspetta, in realtà è appena andato in beta, quindi sarà forse il gioco del 2011, boh…

5.E che, bontà divina! sono entrambi della stessa software house… polacca! sembra una gag.

6.Forse dovrei aggiungere che a causa dell’inevitabile sensazione di avere, mentre si gioca, il fantasma di Patrick Swayze alle spalle, il titolo rende meglio se si è un po’ recchioni.

7.Viene data la possibilità di reclutare un marinaio per controllarvi la vela, ma che gusto c’è allora?

8.Vabbè, anche gli alianti, dai.


1 commento a “AM Awards 2010 parte 6: mauZ”

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