Reinventare la ruota - { La Tana del Topo }
mauz, Lunedì 25 Agosto 2008 @ 21:39

Allora, un buon inizio è sempre un bicchiere di vino, nello specifico un Refosco dal peduncolo rosso.

E’ un buon inizio perché il foglio bianco è il foglio bianco.

Perché reinventare la ruota? Per tanti motivi. Uno è che tutti cercano di farlo. Persino in una misera cosa come creare un nuovo spazio dove si parli (anche) di videogiochi. Un altro è che -ci avviciniamo ad uno straccio d’argomentazione- anche i videogiochi lo fanno. Continuamente.

Lo spunto non è mio, lo ammetto col candore dell’idiota. Resta interessante, e resta che reinventiamo la ruota, come giocatori, e che la ruota è reinventata da chi i giochi ce li propone (e propina, a volte).
Ora, vorrei evitare di propinarvi (appunto) una serie di banalità (e quindi di reinventare la ruota a mia volta) sul mass market, sul fatto che come linguaggio[1], il videogioco sia maledettamente dipendente dall’evoluzione tecnologica, sul che si stava meglio quando si stava peggio e i giochi come c’erano sul nintendo64 non li fanno più.

Ma, è inevitabile (e banale, infatti) per un giocatore di lunga data, notare come ad una curva di miglioramento visuale/tecnologico in furiosa impennata non corrisponda una equivalente a livello -uhm- strutturale?

Ora, cerchiamo delle possibili cause, non necessariamente rappresentative del grado di soddisfazione mio personale come videogiocatore.

Una potrebbe essere che ci stanno prendendo per il culo. Perché no? In fondo è un’industria miliardaria il gamebiz, voglio dire: leggi che come volume di mercato il videogioco ha superato il cinema, poi apri il giornale e guardi la programmazione delle sale della tua città, come minimo pensi “uh-oh”.

Per dirla con altre parole:

“ma scusami se ti sto trattando troppo male,
che se stai ascoltando questa l’avrai preso originale,
investendo un capitale che è di tutto rispetto,
pari al costo dell’ingresso in un locale fighetto
o come il prezzo del biglietto di una partita di scudetto
e di cui in tasca non mi arriva forse manco un euro netto.
Prendila per quel che è: una fregatura artistica
dettata da una squallida esigenza merceologica.
E se vendo per gioielli tutta questa paccottiglia,
dottò, capisc’ a mmè, teng’ famiglia!”

Occhei, ma non siamo negativi.
Un’altra potrebbe essere che il videogioco è bello così com’è.
In fondo, dammi una pistola o una spada e dei nemici da ammazzare, dammi dei puzzle da risolvere o dei mondi da esplorare e io sono contento.
Ed è vero. Una su tutte, è da quando è uscito che gioco a Gears of War, e con tutto che la ruota la reinventa bene, ammazzare la squadra nemica non è certo una novità. E’ divertente, e va bene così.
Non è mica detto che un gioco debba fare (o dare) qualcosa di più.
Certo, poi metti su Planescape Torment o Fallout (o Mass Effect o the Witcher, per chi arriva all’ultimo giro di reinvenzione della ruota) e pensi che magari non è detto, ma si può fare di più[2].
E parliamo di giochi di 10 anni fa (e potremmo parlare di 17 anni fa, se tiriamo fuori Adventures of Robin Hood, per dire).

“Stanno giocando a un gioco. Stanno giocando a non
giocare a un gioco. Se mostro loro che li vedo giocare,
infrangerò le regole e mi puniranno.
Devo giocare al loro gioco, di non vedere che vedo il gioco”

Non voglio neanche prendere in considerazione (neanche come me in persona immaginario) la possibilità che non ci siano le capacità, gli strumenti, o le persone per fare altro che reinventare. Perché poi salta fuori la chicca (va bene, più spesso su piccoli progetti di piccoli team), che se non ti cambia proprio le carte in tavola, perlomeno ti propone un approccio diverso, e ti fa ben sperare.

Ma venendo al dunque -che questo testo mi sta sfuggendo di mano, complice anche il Refosco di cui sopra, e il fottuto messenger: in buona sostanza, quale potrebbe essere la (o una delle, via, non siamo troppo egocentrici) causa, e la risposta che -forse- solo io cerco?

Stratificazione.
Ecco, l’ho detto. Il videogioco è un linguaggio (vedi nota 1) che ha grossi problemi di stratificazione, o di memoria storica se vogliamo.

Un problema noto, legato all’impennata tecnologica, è che -ed è una banalità che volevo evitare- oggi io posso leggere Melville (Moby Dick, 1851) o Shakespeare (Macbeth, 1606 circa), magari con qualche difficoltà interpretativa, ma in ogni caso considerandolo godibile e attuale.
Non posso giocare Adventures of Robin Hood (1991) senza trovarlo vecchio. Un giocatore più giovane[3] credo non riuscirebbe neanche (giustamente, in parte) a fare lo sforzo di percepirne la profondità[4]. Del resto, non riesco più ad immedesimarmi in 3 pixel io, che l’ho giocato all’epoca, perché dovrebbe qualcuno abituato al lip-synch di Half Life 2[5] o Mass Effect?

Un altro problema, anche volendo fare finta che il precedente non esista, è quello dell’inadeguatezza dei supporti e dei sistemi: Un libro è fatto di carta, si leggeva 100 anni fa e (se adeguatamente conservato) lo rileggo oggi.
Passate al cd, il sistema del futuro, 16 enciclopedie in un disco grosso come la tua mano, woot-woot. Già, peccato che le tue 16 enciclopedie (e i tuoi maledetti giochi, prova a rigiocare Dungeon Keeper, classe 1997, oggi) su cd, magari giravano sotto windows 95, se non 3.11, se non sotto DOS[6], e allora il tuo cd è buono per uso interno, e ancora.

Ci sono quindi delle difficoltà oggettive nel creare stratificazione e nel fornire una biblioteca (mi rifiuto di usare il termine ludoteca) che sia a disposizione dei giocatori[7] e (se non soprattutto) degli sviluppatori.
Siamo quindi di fronte al più classico dei gatti che si morde la coda? Abbiamo dei giochi vecchi complessi, stratificati e profondi quanto (e a volte più) quelli attuali, che soffrono di sindrome da invecchiamento precoce, e non sono più spendibili oggi, di contro progetti moderni che non possono permettersi (letteralmente, dal punto di vista economico e del tempo di sviluppo) di fare il salto strutturale corrispondente a quello tecnologico[8].

Va senza dire[9], che non ho la minima intenzione (né le capacità) in questa sede di offrire una soluzione, questo testo è soprattutto una dichiarazione d’intenti per questo spazio: una serie di considerazioni (coadiuvate da un buon bicchiere rosso, perché no, è facile che la parte più interessante sia il vino che propongo in apertura) sugli aspetti peculiari di un linguaggio dalle grosse potenzialità, ma dalle tante contraddizioni, che nonostante tutto -a saperla cercare- è sempre in grado di fornire quella scintilla che non ti fa pentire -a 35 anni suonati- di perdere ancora tempo davanti ai giochini del cazzo.


Note

1. Sì.

2. Non che voglia tracciare dei reali paragoni fra Gears of War e Planescape, è palese che abbiano intenti e target diversi, anzi sarebbe interessante aprire una digressione fra i giochi d’aggregazione e i giochi di interpretazione.
Fatelo. Agorà è lì per quello.
Il potere fare di più invece, è un’altra faccenda, dato che la crescita e il miglioramento sono sempre subordinati alla volontà (e alle potenzialità, certo) di spingere un po’ più in la.

3. Ok, il giocatore giovane col cazzo che legge Melville, ma facciamo finta.

4. Apro un’altra digressione. Paradossalmente restano ancora godibili giochi più “piccoli” anche se altrettanto vecchi: è più facile che faccia una partita a Pong (o a Pang), piuttosto che mi metta a giocare ad Almazz (1985), perché il secondo risente molto di più della mancanza di sense of wonder dovuta all’esplorare un’Africa realizzata con 3 colori e dei pixel grossi come le mie unghie.
In un gioco interpretativo, se viene a mancare il sense of wonder, il divertimento è minato alla base.

5. Parlavamo di chicche?

6. Ok, c’è Dosbox, ma ti pare che per leggere la mia Iliade edizione einaudi del 1977 abbia bisogno di Omerobox?

7. Qualcosa si muove, con il digital download. Però… uhm, vedi nota 4.

8. Non è sempre così vero, d’accordo, ma per amore di semplicità diamolo per buono.
Inciso: due esempi, uno che dimostra che ho ragione, e l’altro che non capisco un cazzo: Dwarf Fortress e Knytt stories.

9. Se lo dicevo prima, col cavolo che qualche coraggioso resisteva fin qui.


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