In other words, hold my hand. In other words, darling, kiss me! - { Curia, Delibere }
LPf, Mercoledì 13 Gennaio 2010 @ 17:00

Bayonetta è più del mio personalissimo, semplicistico Game Of The Year, Bayonetta è il gioco-evento, un concetto le cui tracce si perdono negli abissi della memoria; è il classico inatteso che sbuca col piede a martello dal guazzabuglio cinese, stendendo un intero genere, disintegrando e ricostruendone le basi - senza scordarsi per un solo istante di riderci su…

Genere che m’ha strappato sempre qualche sbadiglio di troppo, si sa, e sui cui tecnicismi, sinceri e/o possibili, mi son ricreduto solo grazie all’ultima opera dell’orrendo butterato,  ma senza avvertire lo scarto deciso, lo strappo, con una tradizione intimamente sfiancata e sfilacciata. Bayonetta è lavoro di cesello, schietto, puro artigianato nipponico, ha la precisione matematica di una canna d’Ippei, ma nel dargli vita non c’è quell’austera fierezza, quella bellezza sterile da monti del Tochigi, quanto un dissacrante spirito sincronico, che in un sol botto vuol tagliare oriente e occidente mettendo tutti in riga con un’opera strabordande - facendolo sul serio, ma facendo finta di non prendersi sul serio. E mica è facile. Esclusi fugaci stralci di vecchi classici remixati all’interno di un OST strombettante fra il J-Jazz e il J-PoP, Evangelion e Lupin, di Sega non ha assolutamente niente, sembrerebbe più l’apoteosi della produzione Treasure se Treasure non fosse morta, è il troppo che in troppi passaggi esonda; troppo profondo, articolato, complesso, eppure troppo padroneggiabile, vario, preciso e troppo, troppo divertente. Schifosamente divertente. Ma Bayonetta è anche una gran cagna di zoccolaccia infame, animata e viva, che ti fa arrapare come niente prima, persino ridere quando butta a video quelle gag in bilico fra una puntata di Sailor Moon, una cut di Kojima e una scena di Culi Infranti. Non pensiate che questo sia un aspetto discriminante perché non lo è affatto, ma contribuisce senz’altro a consolidare un link particolarissimo con un gioco particolarissimo - fosse solo perché è la prima volta che ti vuoi trombare l’avatar e non stai minimamente scherzando. Quando lo vidi su un megaschermo di Akihabara pensai che se i giappi imparassero a fare i giochi come fanno le cut anche gli occidentali sarebbero presto costretti a svincolarci dall’imposizione stanca dei soliti stereotipi in loop - beh, niente di più grossolano, ma del resto ero gonfio di ramen e mi sentivo Iori Yagami. Bayonetta è assai più bello in game che nelle cut ma, più semplicemente, è una roba unica di questi tempi, un’opera figlia della passione e dell’ispirazione, figlia del talento nipponico più sincero capace di tradursi matematicamente in reale divertimento ridotto a pad - è roba da Mega Drive ai suoi apici verrebbe da dire, ma un videogioco da amare, una creazione da applaudire, non un modello da seguire, e il 10 di Edge è giusto un corollario, esattamente come il mio.


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