Guerra fra galassie. - { Curia, Riesami }
aries, Lunedì 11 Gennaio 2010 @ 13:24

L’ho sempre invidiato alla console Microsoft, mai celando questo sentimento e il conseguente fremito nel lato oscuro della Forza, riuscendo poi a seppellirlo a seguito di impressioni sempre meno entusiastiche col passare del tempo e di un breve hands-on non molto convincente. Una serie di congiunzioni astrali – un iMac sufficientemente performante, qualche giorno libero nel periodo natalizio, un’offerta di Steam ai limiti del senso di colpa – mi ha finalmente permesso di recuperare Mass Effect, colmando forse l’unica lacuna che sentivo in questa generazione tutt’altro che esaltante, e potendo finalmente condividere le riflessioni scaturite con il popolo di AiMargini, anche in vista dell’imminente seguito.


Questo rapporto travagliato ha caratterizzato tutta l’esperienza con il titolo BioWare, un gioco incapace di convincere appieno ma prodigo di chicche imperdibili, impossibile da amare senza riserve, ma con momenti che non possono che strappare un applauso. È il contrasto fra le diverse esigenze a caratterizzarlo, a trascinarlo qua e là per modificarne il bilanciamento in base ai differenti bisogni: è un enorme atto d’amore nei confronti della fantascienza classica e allo stesso tempo un gioco che deve soddisfare il gusto di un pubblico cresciuto con l’aberrante estetica Bungie, un titolo potenzialmente mass-market che vuole proporre al contempo una sceneggiatura articolata, una produzione immane possibile solo agli yankee, con tutti gli inevitabili problemi che ne conseguono.
Due gli aspetti che mi sono premuti maggiormente: da una parte il tentativo di proporre un gioco di ruolo finalmente divertente, basato su una solida componente action, l’atteso trait d’union fra i giochi d’azione dalla componente ruolistica – si pensi alle classi di Modern Warfare e Killzone 2 – e quel tipo di adventure RPG adatto a inserirne le meccaniche nel proprio sistema. Dall’altra, la volontà di mettere a disposizione del giocatore/esploratore una galassia viva, con tutti i suoi sistemi solari e le sue nebulose, asteroidi e basi stellari da scoprire e perlustrare. Mass Effect prova audacemente a proporre entrambe le cose, riuscendo solamente per metà, ma una metà che vale da sola il prezzo del biglietto.

Una delle tracce migliori del gioco, vale la pena di passare dai bassifondi della Cittadella anche solo per il mood che riesce a creare. Peccato l’OST non sia tutta su questo tenore.

Il titolo BioWare riesce nell’intento di trasmettere l’atmosfera e il sapore della sci-fi d’un tempo, quella a cavallo dei ’70, ma facendola sembrare fresca e al passo coi tempi, insomma ponendosi come futuristico e non retro-futuristico: il design dei mezzi e della tecnologia è ben pensato per buona parte degli elementi, ma sono soprattutto alcuni tocchi di classe, su tutti le scie orizzontali delle fonti luminose e alcune memorabili tracce sonore a base di synth, a coinvolgere il giocatore nell’ambiente fantascientifico. Contribuisce alla capacità immersiva del gioco la mole indescrivibile di dialoghi, interamente doppiati in un discreto italiano, che – a dispetto di alcune scelte infelici, quali il timbro di voce da ragazzino insolente di alcune specie che visivamente comunicano tutt’altro – si rivelano fondamentali e fanno la differenza fra questo e altri tentativi del genere.
Ma Mass Effect è un gioco yankee, dicevamo, e gli yankee difficilmente si smentiscono: la delicatezza di questi elementi viene infatti offuscata dal ricorso all’epica più becera, alla manovra Adama, alla musicona orchestrale che fa tanto trailer cinematografico, alla scena strappalacrime del discorso del capitano, rinunciando all’approccio di fino e per la volontà di gasare il nerdone, e per la naturale influenza della narrazione ‘mmeregana stile Battlestar Galactica. Lo stesso universo viene descritto a fatica: mondi tutti uguali generati randomicamente con qualcosa di simile al Terragen su cui vengono sprecate tonnellate di caratteri in specifiche geologiche che nessuno leggerà mai, locazioni che vengono riproposte spudoratamente uguali a se stesse senza nemmeno lo scrupolo di cancellare dalla mappa le stanze che in quella particolare iterazione non vengono rese disponibili, ma soprattutto un’incapacità di comunicare la vastità, la tradizione, la storia e la densità di una galassia della quale in una manciata di ore si diviene il messia incompreso.

Luci e ombre sempre ben in evidenza per ogni aspetto del gioco, come fossero modellate dagli stessi shader che rendono talvolta sbalorditivi i modelli dei personaggi, e in particolare quelli degli alieni. Salarian, Krogan e Asari in primis tolgono il fiato, mentre altre razze alternano modelli ottimi ad altri penalizzati da texture in bassa risoluzione (tra cui, sciaguratamente, anche il Turian che entra a far parte del proprio team), qualità incostante che si ripropone per tutta la durata dell’avventura assieme a un aliasing non insopportabile quanto la ridicola camminata di Shepard, ma comunque fastidioso. Un potente editor permette inoltre di impiegare un tempo indefinito della propria limitata esistenza terrena nel vano tentativo di creare un personaggio poco meno che inguardabile, mentre, per placare lo scontro fra chi ritiene che il bello sia nell’estetica e chi invece nella praticità di utilizzo, Mass Effect propone interfacce grafiche tanto vecchie nel design quanto letteralmente inutilizzabili, con l’apice irraggiungibile rappresentato dall’inventario e dai vendor: gli oggetti raccolti si accumulano a ritmi insostenibili, colmando sempre più velocemente il limite massimo di 150 unità e obbligandovi a rivendere o sacrificare oggetti che in realtà potrebbero farvi comodo attraverso il menù più scomodo che un qualsivoglia software abbia mai visto.

Uno degli elementi più sbandierati di Mass Effect è stato il sistema di dialoghi, e in particolare la possibilità di influenzare la trama attraverso una struttura a opzioni multiple dipendenti dall’allineamento del proprio personaggio, a sua volta determinato dalle scelte compiute durante l’avventura. L’esperimento è sicuramente interessante e lodevole, per quanto in pratica si risolva in modo semplicistico. I concetti e il tono di voce che Shepard utilizzerà sono infatti riassunti in poche parole che non sempre rendono l’idea della frase che si andrà a pronunciare, e le risposte tendono a rispettare un pattern piuttosto standardizzato: c’è la risposta buona, quella buonina/neutrale e distaccata, quella stronza, e, se i due allineamenti sono stati adeguatamente accresciuti, la risposta illuminata e quella da villain malefico, rispettivamente colorate di azzurro e rosso. Tutte sono disposte sempre nello stesso ordine, così l’idea sul tono che avrà la propria risposta dipende più dalla posizione della stessa o dal colore che non dal contenuto che se ne intuisce, e i due percorsi morali sono rappresentati in modo piatto, come fossero due statistiche da livellare: c’è il jedi e il sith, se ne scegli uno guadagni una risposta aggiuntiva, ma ogni via di mezzo è interpretata come un mancato sviluppo, più che come una scelta di una personalità dalle caratteristiche morali più sfumate. Le opzioni disponibili nei dialoghi avrebbero giovato inoltre di un sistema di rivelazione graduale, cominciando a capire dai primi dialoghi il tipo di allineamento del giocatore e scremando man mano le opzioni più lontane, proponendo al contempo più scelte nello stesso range selezionato, così da arrivare a una personalizzazione all’interno della fascia intrapresa, piuttosto che dover per forza aderire ai modelli previsti per il legale buono e per il caotico malvagio.

Condannare Mass Effect per le sue – obiettive – lacune sarebbe però da miopi, perché di buoni spunti ne offre in quantità, perché è un’esperienza d’immersione nell’atmosfera sci-fi degna di essere vissuta, e perché rappresenta quel Final Fantasy che i giapponesi potrebbero realizzare se solo si preoccupassero di rendere divertenti le loro fantasie. La via tracciata per il seguito non fa sperare troppo bene, con armi più grosse e ridicole, nemici organici meno ispirati (stesso discorso fatto per la galassia, se vuoi trasmettermi l’origine oscura e ancestrale di una razza perché me ne fai seccare a pallettate quantità industriali?) e un trailer che della narrativa epica da due soldi ne fa una questione d’orgoglio, ma sembro essere l’unico a non essersi gasato guardandolo, io che l’avrei voluto più spoglio, riflessivo e con i Plaid ai sintetizzatori.
Va tutto alla rovescia.


2 commenti a “Guerra fra galassie.”

  1. LPf

    Tralasci la cosa più bella dell’esperienza, ovvero la traccia della schermata d’apertura col titolo del gioco. Mass Effect inizia e finisce lì. Per il resto è l’RPG più inutile non solo della storia di Bioware ma anche della generazione.

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