Carrellata doverosa sui numeri uno della fiera e partenza con un colpo di scena epocale: Sonic è bello come il sole. Non ci credete? Nemmeno io. Insomma, siamo seri, per recuperare l’ultimo episodio davvero devastante bisogna risalire Sonic & Knuckles e al MegaDrive, in mezzo una quantità incalcolabile di scempiaggini (Dreamcast incluso) oscillanti fra la brillantezza dell’acqua putrida e quella della merda liquida, quando ti rispunta fuori sto rospo, non più secco e gambillone, ma sembra tornato lucido pure lui, il personaggio intendo, a prescindere da quanto fosse figa quella demo.
In pratica hanno preso il meglio di tutti i Sonic, ovvero il meglio delle celeberrime sessioni platform a 16 bit, quel (pochissimo) di buono che c’era in Sonic Adventure e partendo da quelle basi hanno costruito un ibrido a tratti 2D a tratti 3D dove cerchi la strada per proseguire, riparti, fai cose irresistibilmente belle nella loro semplicità perché il game design è realmente massiccio. Come un tempo… Ci credete che vi richiamerà alla mente Super Mario Galaxy in alcuni passaggi? Fate bene, io non ci crederei se me lo dicesse qualcuno… Poi, “finalmente”, di notte, il gioco diventa una sorta di action multiscrolling con Sonic licantropo che spacca tutti e ti dici “Oooh, era l’ora… Cominciavo a chiedermi cosa si fossero inventati per rovinarlo…” - niente di più sbagliato. Divertentissime pure quelle, piene di trovate come la controparte platform, e capaci di donare un plus (e un boost a livello di varietà) ad un gioco che sembra non averne il benché minimo bisogno. Non svegliateci. Per favore no.
L’altro platform di cui è doveroso parlare è invece Little Big Planet, semplicemente adorabile e non mi riferisco certo ai pupazzetti chiccosi. Anche se ad agghindarli ci passerete giornate intere, il vero colpo di genio è il concept. Si, perché qualcuno magari si aspetta una cosa articolata o comunque sofisticata, quando è lo spirito nudo, puro, inconfondibile della “trovata”, stile produzione per XBLA imperniata su un solo tasto da premere, eppure geniale roba, dalla quale non riescono a staccarti neanche col macete. Tutto ruota attorno a due parole: fisica e cooperative. Dal passaggio più semplice, quale mettersi sul lato di una piattaforma per farla inclinare e permettere al tuo amico di raggiungere la locazione, prima irraggiungibile, sopra la sua testa, è un incessante crescendo di azione/reazione da scatenare (fisica) a ogni passo per proseguire assieme (cooperative), interagendo con lo schermo, gli oggetti, le piattaforme, tutto insomma, in un autentico tripudio del rapporto causa/effetto che vi porterà a fare i numeri per proseguire assieme a chi gioca con voi. E piacerà a chiunque (lo testimonia la variegatissima folla che vi si cimentava) perché è pensato davvero per tutti, per dire, io lo provavo con una cozza ovviamente era impedita, ma dovevo farla vivere per andare avanti, e allora torni indietro, trovi un modo per far superare quel passaggio anche a lei per quanto sulla carta sembri improponibile… Poi ha petato e ho mollato tutto, ma se non mi arrivava quella zaffata ci passavo un’altra oretta. Quello che sembra il suo limite (la facilità disarmante) diventerà in realtà il suo pregio, insomma, lo è già in potenza, visto che la gente con quell’editor costruirà dio solo sa cosa, divertendosi più che a giocare. Concettualmente micidiale, impressiona soprattutto la scalabilità di un prodotto che maneggerà sia l’ultima delle cozze che il novello game designer. Son questi i giochi che servono a Sony per far avvicinare la sua utenza all’online, non gli FPS senza arte né parte. E non è un parere personale.