Quando ero piccolo, mia madre mi diceva sempre di non giocare ai videogiochi. Ma una volta, a 12 anni, l’ho fatto…
E l’ho fatta grossa.
I dottori non sapevano se il mio cervello sarebbe guarito. Io ero terrorizzato… Ero solo, in mezzo a tutti quei pixel. Schiavizzato dal mio prepotente vicino di casa, andavo a fargli la spesa solo per vedere i risultati di qualche oscuro giochino programmato in Basic, un pomeriggio di battute per vedere un quadrato fluttuare nel vuoto. Tutto qui, ma c’era già gameplay…
Tutto vissuto nell’underground più cupo, delizia per pochi eletti, strana, misteriosa, eccitante. Poi arrivò il Commodore 64 e Stroker, un gameplay potentissimo edificato su un incipit geniale, l’atto più spontaneo e semplice per qualsiasi uomo: un bel raspone. Era anche uno dei rari casi in cui vedevamo un titolo originale e non contraffatto, come “Castello Incantato”, “HolaPanza” e cose così. Si sarebbe potuto tranquillamente chiamare “Sega”, senza riferimenti alla storica casa nipponica. Ma tanto ai tempi non si notava nemmeno la differenza. O meglio, non fregava un cazzo a nessuno. Anzi vi dirò di più, io credevo veramente che tutti i giochi fossero programmati da Ciro, come riportato fedelmente in tutto il software contraffatto Commodore, quello delle mitiche cassettine dell’edicola.
Rip by Ciro, code by Ciro, music by Ciro. Un genio, pensavo… Si, io da grande sarò un Ciro, mi dicevo, e farò lo Stroker delle nuove generazioni.
Oggi c’è Beppe Grillo (respect) che parla di giovani, pippe e Playstation, ma quanto eravamo troppo avanti noi? e vent’anni prima… Invece niente, oggi gran parte del mondo maneggia oggetti fallici marchiati Nintendo, ma i presupposti sono assolutamente casti (o quasi).
L’ondata mainstream che ha portato alla luce il media videoludico ha bonificato ogni proposito perverso, ogni pulsione massonica, ci manca l’underground, cazzo se ci manca.
Ecco perché è nato questo strano spazio, ai margini appunto, perché ogni tanto hai voglia di spostarti dal casino, e nasconderti nel buio, fantasticare, vivere il mistero, senza filtri di nessun genere. Assaporare quello che sai che esiste, ma di cui non puoi parlare, lo Stroker internettiano. Ma volevamo di più, anzi volevo di più. Ecco perché è nata la zona Omega, l’ultima, ai margini dei margini, dove rinasce l’underground. Come Liam Howlett, geniale mente dei Prodigy, prima di prostituirsi alla vile pecunia, quando fiero annunciava nel suo Music for The Jilted Generation (almeno nelle intenzioni)
“So I’ve decided to take my work back underground… To stop it fall into the wrong hands”
Ma non voglio che questo spazio si incomprensibile come un nuovo disco degli Autechre, non ci sarebbe gusto, molto preferibile un Incunabula come ai vecchi tempi. Una bella chiacchierata senza pretese. Fuori c’è un gran casino per la GC di Lipsia appena terminata, i miei amici sapranno saziare la vostra ludosete, ma per ora lasciamoli stare e rilassiamoci un pò, nel mio buio loculo tecnologico, in compagnia del fido supercomputer Euclide. E per questo preambolo ho deciso di scomodare l’iconografia del geniale Darren Aronofsky e del suo Pi Greco, pertinente, no?.
Vi parlerò di videogiochi, a modo mio, ma anche di musica, quella che amo, quella generata dalle macchine. Non ve l’ho ancora detto, ma sovente mi diletto con il mio fido FL Studio in qualche modesta composizione, a tal proposito vi invito ad ascoltare qualcosa nel mio angolino MySpace.
Ci voleva un pò di spamming direi, per rompere il ghiaccio. D’altronde è il primo giorno di visite nel mio studio. Per ora può bastare. Ci sarà tempo per altre dissertazioni, prnti ad espandere questo microcosmo underground, quello che sai che esiste, ma di cui non puoi parlare…
A chi cerca un senso in questo sottospazio, e crede di aver sprecato prezioso tempo della propria vita, rammento le coordinate di questo progetto. Di tutto, di niente, di altre cose e gameplay… Nell’underground.
Ora scusatemi, vado a imbottirmi di Ibuprofene.
Premo invio.