Far Crisi, l’uomo, la vita e la crisi. - { Ispezioni }
LPf, Venerdì 21 Novembre 2008 @ 21:46

Son qua a lavoro, stramorto, per quanto sia Friday e I’m in love ma vorrei essere a casa davanti al mio nuovo settaggio monopalla pornostar, a giocare - che parolaccia  - a Far Cry 2 che non me lo tolgo dalla testa, non penso ad altro, pure quando sono con gli amici sulle mappe di Gears of War 2 la notte, ma perché? Direte. Ma perché? Vi dico… Perché mi sta dilaniando, sbranando, vivo, mi ha fatto prima paura, poi un male cane, m’è entrato dentro stroncandomi le articolazioni come fa la malaria a lui nel gioco…

E’ che ti senti un cucciolino davanti a qualcosa d’immane, mastodonticamente inconcepibile, qualcosa che trascende l’orizzonte visivo, la fisica applicata, le ombre dinamiche, le sorgenti di luce, quel computo poligonale infame e quegli shader ingiuriosi, ti senti tipo davanti a un tiranno sauro superdotato che vuole incularti, e pensi subito alla console war spicciola fra gli shooter in esclusiva di qua e di là, dove la gente si scanna sul “questo è meglio di quello, no è meglio quello” con Far Cry multiformato che potrebbe prenderli entrambi, accartocciarli, farne una palla e andarsene via palleggiandoci. Con le mani in tasca. Ora andiamo per gradi perché spiegarsi, spiegarlo, non è semplicissimo. La sindrome di Montreal è roba grossa, dura a digerirsi, ci vuole la gola pelosa e uno stomacaccio come il mio, perché se in Assassassin’s Creed si aveva la percezione palpabile di un prodotto buonissimo a vedersi ma sterile e troppo ripetitivo a giocarsi, qua gli estremi si dilatano in maniera smodata, al punto in cui l’avventura di Altair è uno scarabocchio che non si guarda ma un bruno gioiello di game design, non so se ci siete o devo spiegarvelo. Però parlare di Far Cry come della più annichilente e snobbata tech demo della storia dei videogiochi o del più depravato e sottostimato esercizio di virtù tecnologica sarebbe riduttivo, e non perché dentro quel contenitore inenarrabile ci sia un contenuto (perché non c’è), ma perché quel contenitore stesso diventa una sorta di depravazione della quale te, maledetto erotomane, non sai affrancarti: non puoi più fare a meno. E’ la escort del secolo, la rumena impestata, quella che t’ha rovinato la vita, maledetta lei, invece di andare ad un concorso tipo miss universo che peraltro avrebbe vinto a mani basse. Guardate che non si parla goffamente di comparto grafico o visivo, sarei quantomeno maldestro, riduttivo, non son così empio, si parla proprio di altro, di altre cose, robe che non si son mai viste né provate, e che in potenza nemmeno ci siamo mai figurati, vagheggiati. E quanto è libero, ma aiutatemi a gridare free roaming per un giorno interno e non siamo arrivati a coprire il 3% di quella mappa immane e insanguinata dal sudore dei pazzi che l’han disegnata.

Ieri sera alle 2:45 di notte aspettavo ancora un contrabbandiere d’armi nel suo disperato villaggino pucioso e lacero. Boh, non arriva, vado al bar. Chiuso. Ci son delle seggiolacce sporche, quelle bianche di plasticona che avete visto tutti in qualche circolo arci o semplicemente nel vostro giardino, nella solitudine di quella canicola, fra quel ronzio d’insetti e quel brusio di animali, mi metto a cazzeggiare con quelle e col fotorealismo lurido di bidoni, bandoni, cartelli, latte e lattine, là attorno. Un’infinità di tritume di tritelli con cui frucchiare per stuzzicare un rapporto causa/effetto, azione/reazione, più realistico di quello che avrei potuto testare andando in garage. C’è un mucco di caprone del cazzo, non so cosa sia, gli sparo vicino alle zampe e scatta impazzito col dorso gobbo, imbizzarrito, continuando a guardarmi di taglio ma sbattendo con le corna in una jeep facendola sobbalzare sugli ammortizzatori. Ci monto subito “Ora ti schiaccio come un rospo, capretto del cazzo”, cambia traiettoria, curva secchissima facendo quel verso stupido, io vado lungo su un’impalcatura di legnaccia spaccandola tutta con collisioni fuori controllo, e facendo volar via il tritume di legna e monnezza ammassato là dietro, fermandomi su un alberello, stroncato pure lui. Arriva il tipo e mi apre la quest: devi uccidere lui! Strano. Guarda, è la diciottesima che faccio. Mi chiede se ho capito e non posso dirgli che le 17 precedenti erano identiche, ma comunque si, so cosa fare, tranquillo. Prendo la jeep non prima di avergli sparato nel vetro, così, tanto per farci un foro, mi metto a guardare le rifrazioni del sole sul sedile in pelle che è una fotografia non una texture, poi sulla carazzoria quindi su quella cazzo di palude perché finalmente siamo al fotorealismo, fatemelo godere un secondo. Non cambia solo il cielo, non cambia il sole coi suoi raggi (veri) che filtrano dalla giungla accecandomi: sta cambiando proprio l’aria. Cambiano i rumori. La canicola scompare e con essa i suoi riverberi, senti il fresco, l’umido, ma quei raggi continuano a essere irreali – per essere un videogioco – perché sono veri. Allora vado su una collina perché quel tramonto va visto.

E non ci credi. Non puoi crederci. L’Africa a perdita d’occhio, strepitosa, sublime, annichilente, mi mozza il fiato come se fossi fisicamente in quel punto di mondo a quell’ora, come se ne stessi facendo realmente parte in prima persona. Girano le ronde dei guerriglieri con le loro jeep scassate, accompagno il loro incedere polveroso col binocolo, vedono la mia macchina e si fermano. Non capisci cosa dicono, ma senz’altro niente di buono, questi sparano a vista, son sempre incazzati neri, ma guarda sto stronzo: imbraccio il lancia missili e faccio fuoco - la deflagrazione è incredibile, tutte le piante attorno sembrano in preda ad un tornado, lo spostamento d’aria le fa vacillare, le più esili toccano il suolo tornando su come elastici. Mentre il fuoco divampa mangiandosi l’erba poligonale, quasi fossero entrambi vivi, veri, l’altro tizio è scappato in qualche modo, nero come una biscia, urla, mi spara, sbercia, mi acquatto nella boscaglia dalla parte dove il colle declina dolcemente (tante volte dovessi scappare) che è già lì che spara e urla, urla e spara (ma l’IA fiacca la si era vista a Lipsia, per quanto ora rientri nella decenza) mi ritiro sul dosso del colle, si sporge, lo centro in piena faccia e cade in avanti a pelle di leone perdendo l’arma… Ecco, l’arma inizia a rotolare giù, la sua corsa è breve ma le sue collisioni su quella discesa frastagliata sono incommentabili, sclaclaclan, sbarroccia qua e là finché non si ferma su di una radice, quando vedo che una bombetta rotonda rantola lentamente giù dal suo braccio che gli faceva da ostacolo e parte anche lei giù dalla discesa sbattendo impazzita ovunque: tin, tin, tin, la rincorro, tin, tin, tin, tin, ma Newton vi fa una sega, tin, tin, le corro ancora dietro, tin, tin, tin, infondo al colle, tin, tin, cazzo va in quel un laghetto, ahahha, tin, tin, pluf. L’imbrunire su quel lago non si può commentare. Posso dire solo “cazzo”. Le ombre son lunghissime, il loro cambiare è spaventoso (quando dormite l’immagine stacca sull’edificio all’interno del quale riposate, il tempo scorre a velocità warp solo per farvi vedere cosa non combinano quelle ombre dinamiche) consulto la mappa e cerco nelle vicinanze un rifugio per la notte, ma c’è qualcosa di strano nell’aria. L’avevo sentito anche prima. Questo vento… Di tormenta. Una bufera è vicina, si sente, senti proprio che si avvicina. Quello che succede dopo dovete vederlo perché non riesco seriamente a descriverlo. La giungla si fonde col temporale, il vento con le fronde, lo spettacolo non ha precedenti e con tutta probabilità non avrà seguiti, almeno non in questa generazione… Io non so quanto tempo abbiano passato questi signori in Africa, ma li ringrazio infinitamente per avermici portato senza farmi alzare il culo dal divano e facendomi prendere la malaria più indolore di sempre. Il mattino non so dove guardare: è limpido, cristallino. La respiri quell’aria, senti quanto sia vibrante, lo vedi, non ci sono riverberi d’afa, solo giochi di luce creati dalla brezza leggera e dal sole che si alza e non riesci a fissare da tanto è pieno. E’ il momento di cercare un veicolo e dare un voto all’esperienza.

Far Cry 2 è il prodotto tecnologicamente più sofisticato che la vostra console abbia mai ospitato. Con tutta probabilità resterà il software più avanzato dell’intera generazione visto che anche riprendendo quel motore dubito si possa assistere ad uno sforzo proporzionale a questo in termine di mere risorse investite, ma penso anche che sta gente sappia parlare con gli indigeni di quelle lande tanto è il tempo che deve averci trascorso. Certo, poi grafici non ci s’improvvisa, e qua siamo davanti ad un carico artistico senza precedenti, capace di sbatterti sul muso un’esperienza visiva che non mi sento di definire in altro modo se non fotorealistica.

Far Cry 2 purtroppo è anche un povero videogioco del cazzo. Ripetitivo, noioso, noioso e ripetitivo, come shooter non vale un fico secco, ma come esperienza dovete farla, tutti, almeno una volta prima di morire. Non mi dilungo su un dimessissimo multiplayer fine a sè stesso, inutile, disadorno ludicamente, fa quasi tenerezza per quanto anonimo, ma con un editor che praticamente è un kit di sviluppo: apprezzate solo il loro ultimo sforzo, quello di mettervi in mano questa meraviglia, quasi a volervi rendere partecipi del prodigio, di farvelo toccare, maneggiare, montare, editare, creare, anche partendo da un livello di preparazione tipo “ehi mamma guarda: riesco a fare un cerchio col Paint di Windows”.

Mettere insieme i pezzi del puzzle e scagazzare un voto non mi riesce, vuoi perché l’esperienza è ancora acerba a prescindere dalle ore dedicategli, vuoi perché non puoi mettere insieme il sacro e il profano e tirare una media, ma mi meraviglio solo delle riviste che son riuscite a fare una schifezza del genere. Si, perché Far Cry è la cosa più bella che abbiate mai visto, ma è anche un videogioco al limite della sufficienza, quindi comprendo il trasporto che ti spinge ed accoglierlo e valutarlo più come esperienza che come gioco, ma non lo so, non son per niente convinto sul da farsi. Anzi, non darò un voto nemmeno una volta conclusa l’avventura (a patto che riesca a riprendere il filo della “main quest”, perso chissà dove) ma lo farò riposare qualche mese, ne metabolizzerò il ricordo e vedrò di buttare in pista un doveroso riesame. Ho detto doveroso. Dio come non ci capisce un cazzo la gente… Voi intanto recuperatelo. Senza fretta, che fra due giorni lo trovate usato e fra due mesi in linea economica.

P.S. M’è entrata dentro una crisi fuori controllo: ma perché non date quel motore a Bethesda?

Ok, lo ammetto, se qua ci fosse un voto sarebbe un 6.


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